Ce ne fossero di musicisti e dischi capaci di riportare gli ascoltatori con i piedi per terra. Dischi sensibili e poco ruffiani. Dischi che nascono da esigenze che nulla hanno a che vedere con il business o con l’arrivismo. Dischi di musicisti silenziosi, che fanno della musica il proprio ‘lavoro’, come se si trattasse di levigare il legno o battere del ferro incandescente. Musicisti che la mattina si svegliano, caffè, e dritti in studio come se si trattasse della fabbrica che produce, non so, cioccolatini. Musicisti operai, artigiani che non hanno scopo alcuno se non quello di creare arte, di realizzarsi. Ce ne fossero, ma invece, dura realtà , se ne contano sempre di meno.

Bill Ryder-Jones rientra senza ombra di dubbio in questa categoria di musicisti puri. Messi da parte i Coral (di cui era chitarrista), e con alle spalle un album di musica, se vogliamo, ‘classica’ (“If”) ispirato dalla novella “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino, Bill sforna quello che potrebbe essere definito il vero debutto nelle vesti di solista:”A Bad Winds Blows in My Heart”. Undici tracce di una sensibilità  e pacatezza assoluta in cui chitarra acustica, pianoforte e una posata sezione ritmica si accompagnano e insieme formano la culla per testi fragili e delicati. “There’s a World Between Us”, “Anthony & Owen”, “Wild Swans”, “He Took You in His Arms” (per citarne solo alcuni) sono brani nati per accompagnare solitarie passeggiate lungo mare in giornate uggiose in cui rifugiarsi in larghi impermeabili gialli rappresenta un buon rimedio per mettere al riparo pensieri che fluttuano da una parte all’altra della nostra disordinata mente.

“A Bad Winds Blows in My Heart” rappresenta ciò di cui avremmo più spesso bisogno. Un’isola che ci offre rifugio, da una dura quanto frenetica realtà , cullandoci sulle note di una musica meravigliosa.

Credit Foto: Ki Price