Nasci abbracciato a una chitarra e muori attaccato a un synth. Ecco il percorso dei Twin Atlantic. I ragazzi di Glasgow con il precedente album “GLA” del 2016 avevano affermato ai 4 venti di essere completamente cambiati, di essere una band nuova. Ok, ma dopo 4 anni siamo ancora qui a raccontarci le stesse cose, segno che quel cambiamento tanto sbandierato non aveva poi portato chissà quale grado di soddisfazione (ed è un peccato perchè invece ci trovavamo fra le mani un disco davvero acido, sporco e moderno).
In questo nuovo album le chitarre vengono appese a un chiodo e si va avanti di synth, per un elettro-rock tanto abusato quanto poco coinvolgente. Alla fine questi Twin Atlantic non hanno il vigore, le credenziali e la vitalità degli LCD Soundsystem ma nemmeno quello spirito sinceramente oscuro, dark e lascivo dei Depeche Mode. A volte paiono dei White Stripes synthetizzati, una barzeletta insomma. Abbiamo tra le mani copie delle copie delle copie.
Almeno una volta i TA sapevano piazzare dei ritornelli micidiali, cosa che qui francamente si nota poco e pure la voce di Sam McTrusty viene sporcata e filtrata in modo da non essere mai così intensa e significativa come potrebbe essere.
Si potrebbe dire che comunque, in alcuni frangenti, il disco è carico, pompato…bah, più o meno si, ma tutto sommato non ci sentiamo dentro nemmeno quella potenza evocata dal titolo e, in ogni caso, se vi basta qualche base rumorosa per fare festa, beh, allora non andrete d’accordo sicuramente con il mio giudizio.
Morale della favola, un disco brutto, destinato a scomparire nel nulla in tempo zero.
Photo: Katy Cummings