Il 6 Aprile, in una Zoom collettiva organizzata con fan dal tutto il mondo, Charli XCX dava il via ufficialmente al progetto che l’avrebbe portata a scrivere, co-produrre e rilasciare un album durante il periodo di isolamento, dalla sua casa di Los Angeles, entro il 15 Maggio. Come nella migliore delle trame che racconteranno della popstar del futuro (che il futuro lo ha sempre voluto anticipare), “how i’m feeling now” è stata, più che un azzardo linguistico forzato da una situazione contingente, l’ennesima conferma della forza dirompente di un personaggio essenziale per questa scena.

Non si tratta, infatti, di uno scialbo manuale da lockdown confezionato per specchiarsi a base di una colonna sonora sbiadita dalle aspettative:  “how i’m feeling now” è un album che in termini di idee riesce a continuare un percorso, quello della cantautrice britannica, che aggiunge un capitolo saldo di nuove convinzioni. E lo fa per mezzo di emozioni sostanzialmente irreplicabili per via del contesto, ma che risultano come nuove, nitide fotografie che parlano della sua personalità , nonostante il brevissimo lasso temporale a disposizione sfruttato per veicolarle.

Le 11 istantanee del lockdown si inseriscono senza soluzione di continuità  nel flusso impeccabile che è cominciato con l’EP “Vroom Vroom” e ha impennato vertiginonsamente con “Pop 2”, passando dal tentativo di cristallizzare tutte quelle ispirazioni con altre deviazioni di un pop con un passo nel futuro, con “Charli”, capace di trarne forse solo alcune specifiche. A questo giro, oltre alla solita vena di A.G. Cook (fondatore del collettivo cyberpop PC Music e ormai creative director della produzione Charli XCX), si aggiungono gli input di BJ Burton (particolarmente legato al recente percorso artistico di Bon Iver e Francis and the Lights) e di Dylan Brady del duo statunitense 100 gecs (sostanzialmente nipoti dell’iper-narrazione sperimentale messa a punto nel corso degli ultimi dieci anni proprio da PC Music, affine e intrinseca al percorso della stessa Charli a più riprese).

I saliscendi emotivi di questo capitolo sono un’istantanea nuda e cruda dei sentimenti più immediati vissuti dalla Aitchinson nel recente passato, in un’escalation pensata per annientare le mezze misure (come suggerisce in apertura “pink diamond”), per poi scandagliare il bagaglio più strettamente emotivo delle ballate elettroniche “forever” e “claws”. I momenti per riguadagnare contatto con la realtà  ancor più interiore, come “7 years”, “enemy” e “party 4 you” ripercorrono in parte le sonorità  velatamente conservatrici di “Charli”, da cui proviene peraltro la ribelle versione remix di “Click”, qui in veste “c2.0”, senza fronzoli. Si ritorna sulle iperboli massimaliste con “anthems” e “visions” che, come sempre, lasciano in coda alcuni spiragli di sperimentazioni ancora in tumulto.

Al di là  della capacità  di Charli di tradurre in musica un personalissimo diario di bordo della contemporaneità , la coerenza e la densità  della sua scrittura rimane ricca di ambizione e pregna di idee, con una produzione che non diventa mai ossessiva nè, al contempo, priva di carica stimolante. “how i’m feeling now”  è una raccolta di lettere d’amore che passano in rassegna le diverse facce della stessa medaglia, della stessa personalità : l’ingresso spavaldo e party”“banger in gran stile, il contesto più pacato e intimo per raccontarsi, le zone ritmiche più volutamente sensazionalistiche e sfacciate, il rientro al territorio di introspezione, la nuova scoperta e così via, fino in fondo.

Nell’agire contro l’over-intellettualizzazione del pop, Charlotte Aitchison ripete come meglio sa fare, pure questa volta, qual è il suo ruolo: un racconto che, per nulla privo di spunti imprevedibili e avvolgenti, comunica i suoi punti di forza per quello che sono, anche nello svuotamento di certezze causato del lockdown. Prendere o lasciare, le certezze di Charli XCX sembrano invece più salde di sempre. Al timone della rivoluzione più futuristica del pop, ci lascia l’ennesima traccia della sua maturità  artistica, ribadendo l’importanza di un linguaggio che diventa capitolo dopo capitolo un firmamento. Una guida di stile che trasuda sempre più anacronismo, all’interno in un di realtà  musicale talvolta fuori tempo massimo nel concretizzare idee vere. Sì insomma, come quella di scrivere un disco valido, in sei settimane.