La lunga carriera dei Kings Of Leon è stata sempre caratterizzata dalla ricerca nel dover dimostrare la loro dimensione, la loro reale collocazione ed identità  – sul loro valore invece nessun dubbio – soprattutto dopo essersi scrollati di dosso l’ombra di discendenti degli Strokes, derivante dal quel sound roots dei primi album, quel southern-rock-blues di stampo Black Crows, Lynyrd Skynyrd, che ha accompagnato i quattro di Franklin (Tennessee) almeno fino al buon “Because of the times” del lontano 2007, prima che la svolta easy listening di “Only by the Night” li lanciò definitivamente e meritatamente in cima alle classifiche. Certo, i passi falsi non sono mancati (vedi “Come Around Sundown” del 2011) ma ben vengano, a volerla dire tutta, perchè portano con sè, o almeno dovrebbero, la consapevolezza di dover virare nella giusta direzione.

Sono trascorsi cinque anni dagli ottimi riscontri commerciali di “Walls” al quale, tuttavia, non sono seguiti gli apprezzamenti della critica la quale, probabilmente, non ha perdonato gli statunitensi per l’eccessivo distacco dalle “sonorità  rock” a scapito di una nuova dimensione troppo pop andante. Ebbene, personalmente trovo “Walls” un ottimo album, dotato di un altisonante equilibrio condito da una certa compattezza e linearità , le stesse virtù in dote a questo “When You See Yourself” che già  a partire dalle splendide note della traccia d’apertura – una sorta di title track – sorreggono un piacevole chorus che ci invita a restare…“Ancora una notte, ancora una notte, resterai qui?/Ancora una notte, un’altra notte saremo al sicuro, cara”.

Per l’occasione, ancora una volta, i germani signori Caleb Followill (chitarra e voce), Nathan Followill (batteria), Jared Followill (basso) con il loro cugino Matthew Followill (chitarra), si sono ritrovati presso i Blackbird Studios di   Nashville per registrare questo ottavo album con la produzione di Markus Dravs (Arcade Fire, Coldplay, Björk, Brian Eno, Sheep on Drugs , Mumford & Sons, Florence + the Machine, The Maccabees) il quale ha curato il precedente lavoro del 2016 e che ha senza dubbio impresso nei brani quel mood più morbido e profondo dove, fatta eccezione per il singolo western “The Bandit” di chiara matrice KOL vecchia maniera e per la papabile new hit “Golden Restless Age”, sono state abbandonate quegli episodi da “arena rock” che hanno caratterizzato “Only by the Night”.

La scrittura di Caleb segue esattamente la struttura musicale intima dei brani come nelle tastiere dell’altro singolo “100,000 People” dalle tinte psichedeliche e dal solito refrain “earworm” che ti rimane appiccicato addosso dunque (“I tavoli apparecchiano la rosa è fuori/Tu sai cos’è/Miglia di distanza dai luoghi in cui sei stato/La chiamata è stata fatta per tirare le ombre/L’inizio di qualcosa di nuovo/Ancora niente mi fa sentire così…You do, You do, You do…”) come, peraltro, accade con il trittico composto da “Supermarket” dalla meravigliosa ed elegante ballata semiacustica “Claire And Eddie” nonchè dalla delicata ed eterea traccia di chiusura “Fairytale”, con note di Band Of Horses memoria.

Gli undici episodi riempiono il minutaggio con i soliti riff ordinati ed a tratti sembra di attraversare territori battuti dai grandi Clayhill del compianto Gavin Clark, mentre la voce di Caleb si riverbera sempre più matura, quella maturità  e saggezza che trasuda in tutto il disco e che non si nasconde nemmeno negli episodi più ruvidi come nel crudo country di “Echoing” oppure come nei corposi e decisi giri di basso di “Stormy Weather” o nella nostalgica ed elettrica “Time In Disguise”, mentre Caleb ci interroga sul tempo celato “Chiudi gli occhi e cosa vedi?/è un uomo o una macchina mascherata?/Il mondo a cui appartengo o solo un’ombra di luce?/è solo tempo travestito”.

Siamo di fronte ad un disco dotto e ricercato che presta il fianco solo a minimali imperfezioni che, ad ogni modo, non meritano di essere istruite in quanto totalmente compensate dalla minuzia dei particolari, che riescono a far brillare di luce propria questo “When You See Yourself” e, soprattutto, cosa non da poco, convincere gli scettici.

Photo Credit: Matthew Followill