St. Vincent è diventata negli ultimi quindici anni l’emblema della versatilità  estetica e musicale, passando con destrezza da uno stile all’altro. Sei album, numerosi EP, diverse collaborazioni e un’identità  fluida e in continuo mutamento. Perchè non passare in rassegna le sue mille trasformazioni dunque, ordine rigorosamente cronologico in attesa dell’uscita di un nuovo album (“Daddy’s Home” il prossimo 14 maggio) che la vedrà  cambiare ancora una volta.

10. Bliss
2003, da “Ratsliveonnoevilstar”

Annie Clark nel suo primo EP quando ancora non si faceva chiamare St. Vincent. La carriera solista vera e propria sarebbe cominciata tre anni dopo ma il talento era già  evidente in un arrangiamento avventuroso.

9. Landmines
2007, da “Marry Me”

Primo album, il delizioso “Marry Me” che è piacevole ricordare grazie a “Landmines”. Cinque minuti di dolcezza per una ballata sui generis, romantica e delicata che mette in mostra il lato più vulnerabile di una musicista che regala bei momenti.

8. What’s the Use of Wond’rin
2008, da “Who Killed Amanda Palmer?”

Lo ricordano in pochi ma nel primo album di Amanda Palmer c’era un duetto con Annie Clark, il rifacimento di un brano tratto dal musical “Carousel” cantato da pari a pari. Due voci angeliche e dispiace che questa estemporanea collaborazione non sia sfociata in qualcosa di più.

7. Just The Same But Brand New
2009, da “Actor”

Potrebbe essere il motto di St. Vincent, il titolo del decimo brano nel suo secondo album. La stessa di sempre eppure diversa, sempre pronta a rinnovarsi. “Actor” era nato alla fine di un tour massacrante, poetica riflessione sui tanti film visti una volta ritornata a casa, sul precario equilibrio emotivo che a volte separa finzione e realtà .

6. Roslyn
2009, da “Twilight: New Moon”

L’incontro tra Justin Vernon e Annie Clark che ha propiziato questo duetto è avvenuto al festival Bonnaroo nel 2009 ed il risultato è l’algida dolcezza di “Roslyn”. Che poi sia finita nella colonna sonora dell’ennesimo capitolo di “Twilight” è solo un semplice dettaglio.

5. Surgeon
2011, da “Strange Mercy”

C’è un motivo se St. Vincent è considerata una delle chitarriste più talentuose dell’ultimo decennio, basta ascoltare brani come “Surgeon” qui presente nella versione dal vivo realizzata per le 4AD Sessions. Notare il gioco di dita e le armonie vocali.

4. Who
2012, da “Love This Giant”

St. Vincent + David Byrne ovvero una delle collaborazioni più divertenti del 2012. Era forse inevitabile che due artisti come loro finissero per fare qualcosa insieme e il risultato è un album vivace con relativo tour mondiale molto frequentato e il bonus di video esilaranti come quello di “Who”.

3. Digital Witness
2014, da “St. Vincent”

John Congleton produce, partecipano Homer Steinweiss degli Sharon Jones and The Dap-Kings e McKenzie Smith dei Midlake. St. Vincent si trasforma in un’eroina futurista a forti tinte cyber punk, tra chitarre d’avanguardia e acidi fiati jazz.

2. Masseduction
2017, da “Masseduction”

A John Congleton si affianca Jack Antonoff e il suono di St. Vincent vira verso un pop sintetico e mutante, colorato e sbarazzino, decisamente eccentrico, che ha fatto molto parlare di sè aprendo a Annie Clark nuove strade.

1. Slow Slow Disco
2018, da “MassEducation”

La penultima trasformazione di Annie Clark che ritrova l’amico e sodale Thomas Bartlett, in arte Doveman, al piano e spoglia i brani di “Masseduction” senza rinnegarli in un disco intimo e sincero. Dove deciderà  di condurci con “Daddy’s Home” è tutto da vedere.