Premetto che la recensione seguente sarà  orgogliosamente diversa ““ nel senso di particolarmente significativa ““ da tutte quelle da me proposte sino ad oggi. Molti di voi, forse, non avranno mai sentito parlare di miss Eve Adams, nè tantomeno saranno a conoscenza della sua ultima fatica intitolata “Metal Bird”, uscita proprio lo scorso 14 gennaio per “Basin Rock”. Ebbene, questo scritto non può che essere indirizzato a tutti coloro i quali da tempo avevano intenzione di affacciarsi a qualcosa di nuovo, di poco chiacchierato ““ ahimè ““, ma di tremendamente affascinante.

Il terzo album della cantautrice losangelina, infatti, apre in maniera a dir poco egregia un 2022 pieno di buoni propositi in ambito musicale, proponendosi a pieno titolo ““ e sempre ad umile detta di chi scrive ““ come uno dei migliori dischi del mese di gennaio. La delicatezza vocale di Eve guida l’ascoltatore lungo un viaggio lento ed esaltante, che non ha minimamente paura di esplorare la poco battuta terra del folk-noir, composta in parti uguali da elementi di puro romanticismo e da altrettanti elementi di violenza. In “Metal Bird” i rimandi alla musica di autentiche autorità  come Lana Del Rey e PJ Harvey sono evidenti, ma non sfigurano neanche per un secondo: la personale declinazione stilistica proposta da miss Adams, al contrario, è un prodotto musicalmente coinvolgente e liricamente ispirato, che possiede la medesima eleganza e la medesima forza delle migliori pellicole noir del cinema anni ’40. Ed è senz’altro la personalità  di questo lavoro ad emergere ““ con impeto invidiabile ““ all’orecchio dell’ascoltatore più navigato, la sua compattezza di fondo, legata da un immaginario squisitamente retrò e da una scrittura impeccabile: “Butterflies” ne è l’esempio lampante, interamente sostenuta da un arrangiamento semplice e da un cantato ad alto tasso di emotività ; “Woman on Your Mind” non è da meno, capace com’è di giocare su due sound differenti e in continua comunicazione tra loro nella strofa ““ dominata senza troppi complimenti dalla già  citata PJ Harvey di “White Chalk” ““ e nel ritornello; “You’re Not Wrong” e “The Dying Light”, infine, si aggiungono senz’ombra di dubbio agli highlights più evidenti del progetto, contribuendo a mantenerne costante il livello complessivo.

La precisa penna della cantautrice californiana, quindi, si fonde ad un suono chiaro, minimale, ““ a tratti catartico ““, che dimostra di sapersi prestare perfettamente alle esigenze artistiche della stessa. E quei 3.000 ascoltatori mensili totalizzati su Spotify, non possono far altro che dimostrare ““ oggi più che mai ““ tutta la loro fallacia e tutta la loro inconsistenza, poichè ““ in un tanto auspicabile quanto fantomatico “mondo più giusto” ““ non sarebbero di certo questi i numeri che una tale gemma ““ nascosta all’interno di quell’enorme sottobosco chiamato “musica indipendente” ““ meriterebbe. Capirete, allora, perchè per me questa recensione valga così tanto e perchè la ritenga ““ a torto o a ragione ““ tanto diversa dalle precedenti: perchè, vedete, oggi ““ almeno per quanto mi riguarda ““ ho avuto la possibilità  di segnalarvi un piccolo gioiello, forse fin troppo educato per essere anche solo in grado di far rumore; perchè, vedete, oggi ho avuto la possibilità  di rendervi partecipi di un viaggio avviato da appena pochi eletti; perchè, vedete, oggi ho avuto la possibilità  e l’onore di raccontarvi di un fantastico “uccello di metallo”, ostinatamente diretto verso un’epoca che, purtroppo, non esiste più.