Instancabile Maggie Rogers: sei anni dopo “Alaska” il brano che l’ha fatta conoscere e a tre dall’esordio “Heard It in a Past Life” ha ormai metabolizzato il successo che l’aveva travolta nel 2019 trovando alleati preziosi nei produttori Kid Harpoon, Del Water Gap, Gabe Goodman, nel co ““ writer Percy Hull e in un pugno di amici e collaboratori che hanno partecipato alle registrazioni del secondo album “Surrender”. Dodici brani nati in piena pandemia che hanno preso forma tra il garage dei genitori nel Maine, gli storici studi Electric Lady a New York e gli altrettanto ben noti Real World di Peter Gabriel.

Jon Batiste a piano e sintetizzatori, Pino Palladino al basso, Clairo ai backing vocals, la soul sister Florence Welch a tamburino e backing vocals: sono solo alcuni nomi che la musicista statunitense ha scelto per questo nuovo viaggio, un disco poco contemplativo e molto fisico, asciutto, metropolitano, che celebra la confusione creativa di NY con l’affetto e lo zelo di chi non vi è nato ma ci è arrivato ad adolescenza ormai conclusa. Non rinuncia alle ballate strappacuore (“Horses”, “Begging for Rain”, “I’ve Got A Friend”) e fa tutto con invidiabile energia Maggie Rogers, rivelando sensualità , bisogno di quel contatto fisico a lungo mancante, un senso di euforia che diventa trionfale in “That’s Where I Am” e “Want Want”.

“Surrender” è uscito il 29 luglio, Beyoncè ““ day per forza di cose, un fatto su cui Maggie Rogers è stata la prima a scherzare. La sua però non è una resa preventiva nè ai punti, gioca semplicemente in un campionato diverso da Queen Bey e non ha molta voglia di perdere o lasciare il passo. Abbraccia il suo lato indie pop ed elettronico, sorprendentemente ispirata da “Gran Turismo” dei The Cardigans in “Anywhere with You”, “Be Cool” e “Shatter”, ma il meglio lo dà  nei tre brani conclusivi dove la crescita musicale e compositiva è non solo evidente ma persino ambiziosa. Punta in alto Maggie, senza vergogna, e la strada è quella giusta.

Credit foto: Kelly Jeffrey