Sono passati oltre sette anni da “Untethered Moon” e i Built To Spill sono finalmente ritornati con questo loro attesissimo nono album da studio: le prime novità  le troviamo sia nella label, la storica Sub Pop Records di Seattle, per cui Doug Martsch sognava di pubblicare un disco da ormai tanti anni, che nella formazione ““ qui il frontman è accompagnato da Le Almeida e Joà£o Casaes, entrambi degli Oruà£, formazione psych-jazz-rock brasiliana.

Nel 2018 i due erano stati la sua backing band durante il suo tour nello stato sudamericano e le cose erano andate così bene che l’anno successivo Martsch aveva deciso di portarli con sè anche negli Stati Uniti e in Europa: Almeida e Casaes avevano poi registrato le parti di basso e di batteria per il nuovo disco a Boise, mentre il mixing, originariamente previsto per il 2020, a causa della pandemia è stato fatto attraverso lo scambio di file in rete, invece che in presenza in uno stesso studio come i tre avevano programmato.

L’iniziale “Gonna Lose” sembra riportarci indietro negli anni ’90 con quelle sue influenze indie-rock: i riff fuzzy e decisamente pesanti di chitarra ci fanno tornare in mente un certo J Mascis e i suoi Dinosaur Jr., ma non manca nemmeno un tocco di psichedelia, mentre la voce di Doug si fa più riflessiva.

Davvero particolare “Rocksteady”, con quelle sue continue linee di basso saltellanti e un’atmosfera molto calma e assolutamente rilassante, in cui troviamo un inaspettato mix tra elementi indie-rock e, nel finale, reggae.

Subito dopo “Spiderweb” ci ricorda da vicino i migliori momenti dei R.E.M., ma c’è anche spazio per gli ottimi assoli di chitarra di Martsch, che senza dubbio riescono a esaltare la maggior parte dei suoi fan.

“Elements”, invece, si muove su delicati territori psych-rock, in cui la band dell’Idaho, oltre ad altri assoli chitarristici, riesce ad aggiungere il suono dell’organo, che dona un effetto più dreamy al pezzo.

Se “When The Wind Forgers Your Name” è indubbiamente influenzato dal passato e non porta sostanziali novità  sonore, dall’altro però è un disco incredibilmente solido, in cui la qualità  rimane elevata per tutti i suoi quarantacinque minuti: nulla da eccepire, Martsch e i suoi Built To Spill sono (e pensiamo saranno) sempre una garanzia.

Credit Foto: Isa Georgetti