E’ un disco fatto di contrasti forse insanabili ma dotati di una strana armonia il secondo di Alessandro Alosi autore, voce e chitarra de Il Pan Del Diavolo al ritorno in veste solista dopo l’esordio “1985” e la lunga esperienza come produttore. Otto brani piuttosto vari per stile e composizione che vedono Alosi uscire fuori dalla propria comfort zone esplorando mondi musicali molto lontani dal rock roccioso a cui aveva abituato, atmosfere a cui comunque non rinuncia mai del tutto.

Credit: Lù Magarò

Decisamente trascinanti i primi due brani a partire dal reggae dub di “Downtown” con la collaborazione di Stevie Culture, una strana coppia che s’intende e funziona piuttosto bene. Annunciata, attesa, altrettanto riuscita “Blues animale” con Adriano Viterbini alla chitarra e qui l’atmosfera diventa elettrica, rabbiosa, ferale. Non di sola furia è fatto il mondo di “Cult”, Alosi si rivela artista vulnerabile in ballate a cuore aperto come “Una vita in gioco” o “Camel blue” e “Universali” ““ dove la sei corde di Viterbini assume toni molto diversi dal consueto – sfiorando il cantautorato d’autore in “Fuori programma” insieme a Massaroni Pianoforti.

Resistenza e resilienza sono le parole d’ordine di un secondo album umorale, sentimenti ben evidenti nella title track e nella conclusiva “Punto di non ritorno”, una delle poche canzoni ispirate ai Beatles che Alosi abbia mai scritto. Tentazioni melodiche, spirito punk e indole battagliera fanno di “Cult” un disco d’innegabile grinta, spoglio e ruvido a tratti ma addolcito dall’intervento dei fiati, della chitarra acustica che si alterna all’elettrica. Gli arrangiamenti sono il punto di forza di otto brani eclettici e piuttosto sinceri.