Credit: Sarah Cass

Come già raccontavo nella recensione del suo ultimo album, “The Day My Father Died“, l’artista di Seattle SYML è un buon emblema dell’Indie Folk americano, colui che segue le linee guida del genere musicale a cui aggiunge dei testi carichi di significati a lui importanti. A discapito quindi della musica, forse un po’ troppo già sentita, il cantautore preferisce raccontare con delle strofe molto profonde quello che è il suo vissuto, quello che ha passato di terribile o bello e come affrontare i drammi della vita.

È sorprendente come il concept di un artista riesca a fondersi bene poi con la venue in cui suona: ieri sera, al Circolo Magnolia, è accaduto proprio questo. Sotto la pioggia, ma ben riparati dal tendone, SYML ha saputo trasportarci lontano, verso casa sua e i suoi infiniti orizzonti, con una grazia e delicatezza che solo pochi hanno.

Ha colpito davvero l’energia del pubblico venuto a sentirlo: molto forte e coinvolgente. Ammetto di aver visto poche volte un trasporto emotivo, fisico ed esperenziale come questo. Ed è appunto questo coinvolgimento a 360 gradi che ha dato quel tocco in più al suo live, un tocco veramente magico e significativo.

Il concerto è cominciato in maniera semplice, lui che sale sul palco assieme ad altri 4 musicisti (due dei quali suoi amici d’infanzia, ovvero i polistrumentisti alla tastiera, al basso, ai violini e ai cori) e via che inizia un’ora e mezza di assoluta trasparenza: con “You & I” il viaggio comincia, e prosegue subito con “Chariot”, “Believer” e “Lost Myself”. SYML ancora non parla, prende solo il microfono per ringraziare di essere venuti ma poi continua con la scaletta.

Sembra molto timido, o forse solo immerso nel suo mondo, ma in verità il ragazzo si sta solo scaldando. A metà concerto, dopo aver anche introdotto tutti i componenti dell’ensemble, SYML si scioglie ed inizia ad interagire col pubblico: chiede a tutti noi quali canzoni vogliamo ascoltare, come stiamo, da dove veniamo. Sembra quasi un interrogatorio, ma di quelli fatti col poliziotto buono.
Il concerto prosegue, tra pezzi vecchi e nuovi, pezzi con tutti sopra il palco e altri invece più intimi con solo chitarra e tastiera. C’è un buon bilanciamento nella scaletta: canzoni appena uscite come l’omonima “The Day My Father Died” o “Tragic Magic” e canzoni già con una loro storia come, per esempio, “Clean Eyes” o (la famosissima) “Where’s My Love”.

Poco prima della fine del concerto, SYML si rivolge nuovamente al pubblico mostrando tutta la sua vulnerabilità di persona ed artista chiedendoci se vogliamo porgergli una domanda. C’è chi chiede come scrive le sue canzoni, altri che cosa beve di solito, altri continuano imperterriti a chiedere la solita canzone. È veramente bello assaporare tale sincerità d’animo, la quale riesce a connettere in maniera diretta il frontman al suo pubblico.

Con un encore di pezzi in acustico, vecchia scuola, il concerto si chiude e lui non può non essere felice. Anche se il tendone non era sold-out, fuori pioveva e il suo truck aveva bucato proprio la mattina stessa, SYML è riuscito comunque ad essere sincero e non l’artista che vuole per forza tracciare un confine tra di sé e il suo pubblico. Con un’abilità vocale alla pari di quella studio, l’artista americano si è meritato quel palco e quel calore che per un’ora e mezza ha ricevuto ma ha saputo anche dare.