Disco intimo e notturno quello degli Alberta Cross, che ormai arrivati al settimo album confezionano dieci brani di solido indie rock a forti tinte folk ed elettroniche, prodotti da Luke Potashnick e registrati ai rinnovati The Wool Hall, studi dove sono nati cinque dischi di Van Morrison, “Songs from the Big Chair” dei Tears For Fears, “Strangeways, Here We Come” dei The Smiths e “Viva Hate” di Morrissey, “Secrets of the Beehive” di David Sylvian solo per citarne alcuni.

da promo kinda agency
Credit : Courtney Sultan
Credit: Courtney Sultan

Confessioni a cuore aperto, momenti di vero raccoglimento e attimi di adrenalina rendono “Sinking Ships” un ascolto interessante, mai troppo prevedibile.  I riferimenti sono quelli di sempre: Neil Young soprattutto, ma anche The War On Drugs e Bon Iver negli arrangiamenti più oscuri e tenaci (“Glow In The Dark” ad esempio). Centrale come ogni volta la voce del frontman Petter Ericson Stakee che ha acquistato con gli anni una grana diversa, senza mai perdere di vista i toni alti ma con una capacità sempre maggiore di adattarsi alle necessità di ogni singolo brano.

Succede ad esempio in “Mercy” tra tastiere e arpeggi di chitarra, basso e batteria incalzante. Dolci e grintose ballate come la title track rivelano l’anima più confidenziale di un disco dove Ericson Stakee si mette a nudo come mai prima, tra solitudine e malinconia sublimate dalla sua ben nota capacità di creare testi, melodie e ritornelli di grande qualità. I ricordi di “Between You And Me” che corrono a velocità diverse trascinati dalla chitarra elettrica, il piano di “Come To A Place” e la batteria ritmata che raccontano gli alti e bassi di relazioni mai semplici creano  un bel crescendo emotivo.

Il lato più rock di “Sinking Ships” emerge in “Morning Drum” tra My Morning Jacket e Arcade Fire, quello più noir in “Near Misses And Defeats” e in una “Vespertine” nuda e sperimentale, tutta percussioni, distorsione e parti di chitarra prima graffianti poi dolci. L’elettronica entra a gamba tesa in “Bloom”, prima della chiusura affidata a “Every Time The Sun Comes Up” cover di Sharon Van Etten adattissima al mood di un album di grande maturità, che sancisce la definiva crescita degli Alberta Cross.