Bello, bello, bellissimo questo album dei Laveda. Il nuovo lavoro targato Ali Genevich e Jake Brooks conferma quanto di buono avevamo già sentito con il disco d’esordio di 3 anni fa. Ma ora le emozioni si fanno ancora più intense, coinvolgenti, magiche.
La scrittura è favolosa, capace di pescare nel meglio del guitar-pop anni ’90, quello dolce e carezzevole dei Sundays, ma anche quello piùsonico e rumoroso dei maestri dello shoegaze. L’equilibrio è potentissimo, ve lo assicuriamo. Ci sono dei brani che entrano subito sottopelle, amplificati dall’uso delle chitarre distorte che colpisco nel modo giusto, ma poi, spesso, ecco gli attimi in cui la tensione drammatica si fa altissima, penso a una canzone come “Crawl” ad esempio, pazzesca nel suo incedere greve, quasi doom, pelle d’oca.
La band si muove quindi in perfetta armonia tra questi momenti contrastanti, alla ricerca del’empatia perfetta con l’ascoltatore, che arriva grazie a una cura massma del suono e delle melodie. La voce di Ali è davvvero favolosa, potente e piena di grazia, capace di adattarsi alla perfezione al mood del brano e sempre ricca di sfumature (in “Cut Sleeves” è davvero angelica, per adagiarsi su quel sogno dream-pop ad occhi aperti). La band si muove benissimo nei mid-tempo che costituiscono, ritmicamente, l’anima del disco, costruendo queste trame spesso sofferte e oscure eppure sempre così poetiche, “Jumper Cables”, tanto per citare una canzone, funge da perfetta cartina tornasole di quanto detto. I Laveda sono fantastici anche quando lavora per sottrazione, come in “Clean”: gli elementi sonori del brano si riducono e siamo comunque senza fiato.
I Laveda si confermano quindi grandissima band e mettono già una grossa ipoteca per una prtesenza nella mia TOP 10 dei dischi dell’anno.
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