Credit: Michele Brigante Sanseverino

I synth di Caterina Barbieri, evocativi e visionari, alla continua ricerca di barlumi di ipotetici futuri, si intrecciano, in maniera sublime, con il suggestivo e antico scenario offerto dai resti dell’abbazia benedettina di Sant’Eufemia, in Lamezia Terme. Un luogo – un tempo dedicato esclusivamente a Dio – popolato da monaci austeri e laboriosi – che diventa, oggi, lo scrigno prezioso nel quale sono custoditi alfabeti dimenticati. Alfabeti di cui sono intrise le pietre, alfabeti che le matematiche innovative della compositrice italiana rendono, magicamente, fruibili agli spettatori di questo interessante e intelligente festival.

Il FRAC festival propone, infatti, una line-up che fa della ricerca, del dinamismo sonoro, della sperimentazioni circolari, delle ritmiche accattivanti e dell’ampliamento delle percezioni degli spettatori presenti, i propri obiettivi: i suoni fluttuanti e oceanici di Francesca Heart e la catarsi elettronica operata da Grand River diradano la foschia del materialismo quotidiano che umilia ed opprime i nostri sentimenti e la nostra umanità, trasportandoci – in corpo e in spirito – verso il set finale di Caterina Barbieri, verso quelle sonorità psichedeliche che, come un incantesimo, consentiranno al presente ed al passato, al concreto e all’immaginario, al rumore ed alla melodia, al cielo ed alla terra, al dentro e al fuori di riunirsi in nuove geometrie temporali e spaziali.

La tecnologia appare solamente come uno strumento inerme, un mezzo di trasporto che non potrebbe compiere nemmeno un passo, se non potesse contare sulla forza e sull’energia costruttiva delle nostre passioni, delle nostre idee e delle nostre illuminazioni ed intuizioni improvvise, ovvero di quel salvifico respiro divino che pervade l’intero universo, che è celato nei sussurri della natura e che echeggia, nell’area dell’antica abbazia calabrese, pulsando in quei brani che nessuna intelligenza artificiale, per quanto potente, per quanto efficiente, potrà mai elaborare e riproporre. Ci sono, infatti, emozioni, come quelle ascoltate ieri sera, espresse attraverso arpeggi, trame ambient, divagazioni oniriche, bagliori techno, che rappresentano quello che è il mistero, l’unicità e la fragilità della vita. Ed è un bene che sia così.