I Bush Tetras sono la classica band di culto: nati nel 1979 a New York in pieno tripudio no  wave e post punk, capaci di farsi notare con una serie di singoli, EP, concerti. Il successo che ha arriso a tanti contemporanei non è purtroppo arrivato dalle parti di Cynthia Sley, Pat Place, Laura Kennedy e Dee Pop  nonostante uno dei loro brani più noti – “Too Many Creeps” – sia giustamente considerato uno dei classici di quel periodo.

Credit: David Godlis

Scioglimento quasi inevitabile, seguito da un riavvicinamento nel 1997 con l’album “Beauty Lies” che riuniva tutti e quattro i membri della line – up originale giusto in tempo per godere, qualche anno dopo, dell’esplosione del nuovo rock d’inizio millennio che ha reso New York nuovamente protagonista. Altri due solidi album (“Very Very Happy” del 2007, “Happy” del 2012) con una formazione in continua evoluzione e poca voglia di fermarsi o cambiare strada.

I Bush Tetras di oggi sono orfani del batterista Dee Pop, morto nel 2021, ad affiancare le inossidabili Cynthia Sley e Pat Place sono arrivati collaboratori di tutto rispetto:  Cait O’Riordan dei Pogues al basso e l’ex Sonic Youth Steve Shelley alla batteria (oltre che nelle vesti di produttore) che furoreggiano negli undici fieri brani di “They Live In My Head”. Canzoni riflessive ma nate in modo istintivo, non appena il quartetto è entrato in studio tra lutti, ricordi della New York di fine anni settanta, ritmi ipnotici come quelli di “Bird On A Wire”.

Il basso e le chitarre distorte e grintose di “Tout Est Meilleur”, i riff di “Things I Put Together”,  quelli ancor più abrasivi di “2020 Vision” e “I Am Not A Member”, la rabbia di “Walking Out The Door”, il funk elettrico di “So Strange” e le melodie aggressive di “Ghosts Of People” fanno capire che i Bush Tetras hanno ancora molto da dire. La title track inganna con un approccio acustico solo momentaneo, il finale è magnetico con “Another Room” e la marziale, arrembante “The End” segno evidente che la fine per loro è ancora molto, molto lontana.