Ad Alan Palomo piace fare le cose per bene, e così, tra un dettaglio e l’altro, sono trascorsi quasi otto anni dal suo ultimo album, quel “Vega Intl. Night” che tanto aveva entusiasmato pubblico ed addetti ai lavori, con il suo miscuglio glitterato di sonorità vintage e moderne. Accantonato (definitivamente?) il progetto “Neon Indian“, l’artista, messicano di nascita e statunitense di adozione, si è dedicato anima e corpo a questo “World Of Hassle”, la sua nuova creatura musicale. Ed è inutile girarci troppo intorno, si tratta di un gran bel ritorno. Di più. “World Of Hassle”, nel suo tripudio di sax e sintetizzatori, rappresenta una boccata d’aria fresca per chi vuole fruire di quella che dovrebbe essere una delle funzioni principali della (buona) musica in generale, ovvero, intrattenere senza tanti fronzoli l’ascoltatore.

Credit: Daniel Everett Patrick

Con “The Wailing Mall”, prima traccia del disco, Palomo ci trasporta sin da subito in uno dei generi da lui più apprezzati (e suonati durante i DJ Set), quell’Italo Disco di matrice Eighties, oggi tanto in voga. “Meutrière”, che vede la partecipazione di Flore Benguigui, si muove più o meno sugli stessi binari, anche se in maniera maggiormente ovattata. “Nudista Mundial ‘89″, invece, oltre a contenere l’ottimo featuring di Mac De Marco, è il manifesto sonoro di quel che è la nuova vision di Alan Palomo: vietato prendersi troppo sul serio. Non necessariamente, però, leggerezza e qualità possono apparire come un ossimoro musicale. Anzi. Ciò che contraddistingue positivamente “World Of Hassle” è proprio il suo immaginario sgangherato e variopinto.

Prendete un pezzo come “Club People”; nei suoi quattro minuti e ventitré secondi di sound scanzonato, vi è tutto l’Alan Palomo pensiero. Lo stesso discorso vale per la super-catchy “La Maddrilena”. Certo, “Nobody’s Woman” paga una sorta di dazio alla più famosa “Annie” (del precedente disco), mentre “Stay-At-Home DJ” è un divertissement un po’ ripetitivo, ma si tratta di episodi, di passaggi a vuoto fisiologici, anche nell’economia di un album a tratti sfavillante. Poco male. Già, perché ci pensa subito il giro di basso jazzy di “The Island” a far risalire la china sonora dell’album. L’ultima parte di “World Of Hassle”, e più in particolare “Is There Nightlife After Death?”, è quanto di più vicino ci sia al sottofondo delle scorribande notturne di Crockett e Tubbs, i due celebri protagonisti di “Miami Vice”. Del resto, Alan Palomo non ha mai fatto mistero di quelli che sono i suoi riferimenti al di là delle sette note.

Non un canonico album d’esordio, dunque, ma il continuum di un processo evolutivo partito con “Psychic Chasms” ed arrivato, per l’appunto, fino a questo “World Of Hassle”. Indie-pop o pop sperimentale che sia, Palomo ha centrato nuovamente l’obiettivo. Non era semplice, né scontato, considerata la velocità supersonica con cui viaggia lo showbusiness musicale degli Anni Venti del Duemila. Alan Palomo, però, vive in un mondo tutto suo, abitato da personaggi strampalati e da sonorità (apparentemente) easy, ma figlie della coerenza stilistica dell’autore. “World Of Hassle” non è l’ennesimo disco revival di questi anni, ma l’opera compiuta e matura di un artista fuori dagli schemi, che continua a navigare, imperterrito, in oceani musicali a lui più congeniali. E che ancora una volta, a distanza di otto anni dal suo precedente lavoro, è riuscito a distinguersi per la sua visionaria originalità.