Cos’hanno rappresentato i Blink 182? Cosa rappresentano tutt’oggi?

Probabilmente, una risposta che sia una sorta di via di mezzo ai nostri quesiti iniziali potrebbe essere ben più esaustiva delle tante parole che sono state spese nelle settimane precedenti all’uscita di “One More Time…”, nuovo album dell’iconica band californiana. È ovvio che la reunion di Tom DeLonge, Mark Hoppus e Travis Barker, non è certo un evento da far passare inosservato, ma da qui a descriverlo come il grande ritorno del pop-punk di un tempo, ce ne passa.

Credit: Jack Bridgland

In realtà, nel corso degli anni, dei Blink 182 non si era mai smesso di parlare. Sia per le delicate vicende personali che hanno visto coinvolto Hoppus (la sua battaglia vinta con il cancro), sia per l’onnipresenza del vecchio Barker in quasi tutte le produzioni moderne di matrice pesudo-punk (Avril Lavigne, Machine Gun Kelly). E così, dopo aver messo da parte i forti contrasti interni che avevano portato DeLonge a lasciare il gruppo nel 2015, la band americana si è dedicata anima e corpo alla release del nuovo album.

Come suona, dunque, questo “One More Time…”? La prima buona notizia, è che non si tratta di un disco per nostalgici. Né di un lavoro realizzato solamente per essere portato in tour, come accade spesso, purtroppo, a molte band “storiche” e blasonate. La seconda, è che si tratta di un’opera compiuta, con un piede nel passato e l’altro rivolto al futuro. Del resto, sul fatto che i Blink 182 siano ancora dei mostri sacri, non vi era mai stato alcun dubbio. Anzi.

“Anthem Part 3″, la traccia d’apertura dell’album, è la chiara dimostrazione di come Hoppus e soci siano ancora, maledettamente sul pezzo. Si tratta, infatti, di un brano maestoso, dove basso, batteria e chitarra si intrecciano perfettamente sino a diventare un tutt’uno. La stessa title-track, rappresenta un ottimo esempio di come i Blink 182 possano essere ancora rilevanti nel 2023 e di come la batteria di Barker, oramai, anche per l’ascoltatore più distratto, possa rappresentare uno dei tratti distintivi più riconoscibili della band californiana.

Pure quando “giocano” con il passato, i Blink 182 lo fanno a modo loro. Prendiamo due pezzi come “Dance With Me” e “Blink Wave”. Il primo è un palesissimo omaggio ai Ramones. La seconda, invece, comincia con un giro di basso che si affaccia dalle parti dei Cure di “Disintegration” e si sviluppa, soprattutto nel ritornello, come una canzone di qualche band alternativa a stelle e strisce dei primi anni Novanta.

Ad ogni modo, non è tutto oro quello che luccica. Alcune tracce di “One More Time…” non graffiano come dovrebbero. Con “Childhood”, ultimo brano del lotto, i Blink vorrebbe realizzare un “touchdown” nella end-zone del brit-pop, ma restano impelagati nella mischia del già sentito come running back del football americano. Mentre “Edging” suona fin troppo di maniera per svettare sul resto della tracklist.

Giunti alla conclusione dell’ascolto, l’effetto è un po’ quello dei puntini sospensivi che completano il titolo dell’album. “One More Time…”, infatti, è un lavoro che supera (di poco) la sufficienza, ma che di certo non rappresenta il ritorno alla freschezza pop-punk dei Blink 182 degli esordi, tanto decantata da più parti. Tom DeLonge, Mark Hoppus e Travis Barker hanno realizzato un disco interessante, onesto, coerente con il proprio (glorioso) passato, ma ben lontano dalle vette di un tempo.