Raph_PH, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Sesta serata della programmazione ufficiale del Barezzi Festival e terza all’Auditorium Del Carmine, splendida location situata a fianco del Conservatorio Arrigo Boito: questa ex chiesa è stata già adibita da alcuni anni a sala concerti ed è un luogo allo stesso tempo intimo e imponente e gode di un’ottima acustica, che rende ogni volta le performance qualcosa di meraviglioso.

Oggi sul palco della venue parmigiana salirà Stuart Braithwaite, musicista scozzese classe 1976, noto soprattutto come chitarrista dei Mogwai, nonché componente dei Minor Victories insieme a Rachel Goswell (Slowdive), Justin Lockey (Editors) e suo fratello, il regista James Lockey.

Stuart era passato in Italia in questa veste già nell’estate del 2021 (suonando anche all’Hana-Bi di Marina Di Ravenna) e ritorna oggi per questa rassegna che omaggia il suocero e mecenate di Giuseppe Verdi.

Da solo sul palco, accompagnato dalla sua chitarra elettrica e da un bicchiere di vino rosso, che sorseggerà durante i cinquantacinque minuti della sua performance: il quarantasettenne scozzese ripropone alcuni brani della lunga carriera dei Mogwai, oltre ad alcune cover dei suoi artisti preferiti.

Ad aprire la serata, pochi attimi prima delle otto e cinquanta, è “Tuner”, brano tratto appunto dalla discografia della sua band principale e più precisamente da “Ten Rapid”, una compilation uscita nel 1997 contenente i primissimi pezzi realizzati dai Mogwai: il silenzio e la maestosità della sala che ospita il concerto di oggi rendono ancora più speciale ed emozionante questa canzone dai toni delicati già nella sua versione originale.

Molto bella anche “Cody” da “Come On Die Young”: ovviamente i dettagli sono minori rispetto al pezzo dei Mogwai, ma l’atmosfera malinconica descritta da Stuart con i suoi leggeri arpeggi rimane comunque toccante.

“Ritchie Sacramento”, invece, tratta dal recente “As The Love Continues”, non ha la stessa potenza dell’originale, anzi è molto raccolta e malinconica e gode di una certa intimità assolutamente piacevole.

C’è anche tempo per omaggiare l’amica Mimi Parker, scomparsa a causa di un tumore nel novembre dello scorso anno: è Elisabeth Elektra, moglie di Stuart, a salire sul palco e a cantare la meravigliosa “Especially Me” dei Low, che riecheggia piena di magia in ogni antro della chiesa parmigiana, regalandoci emozioni magiche e indescrivibili che inducono al pianto.

Elisabeth rimane ancora sul palco per proporre “The Eternal”, una canzone estratta da “Black Bay”, il primo album dei Silver Moth, il nuovo gruppo della stessa Elektra con Braithwaite e altri musicisti, uscito lo scorso aprile per Bella Union: anche qui, seppur la strumentazione risulti ovviamente minimale, il livello di emotività si fa davvero elevato.

Arriva poi una dedica a Giulia Cecchettin, che permette a Stuart di parlare dei femminicidi e delle manifestazioni di domani in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: il pezzo in questione è “Take Me Somewhere Nice” (da “Rock Action” del 2001) ed è incredibilmente tenue e toccante, appena sussurrato e, con quelle sue fantastiche atmosfere, riesce ad arrivare immediatamente nel cuore dei presenti.

Il mainset si chiude con “You’re Gonna Need Somebody On Your Bond”, cover di Blind Willie Johnson: bluesy e cupa, la canzone gode di un’inaspettata, ma gradita dose di energia.

Stuart, acclamato dal pubblico parmigiano, decide di ritornare sul palco per un’ultima canzone, “Golden Porsche”, una strumentale molto calma e delicata che chiude una serata perfetta.

In nemmeno un’ora Braithwaite ci ha regalato una performance dalle sonorità scarne, ma allo stesso tempo piena di sensazioni emozionanti e di bellezza.