Credit: Michele Brigante Sanseverino

When Patti Smith comes to town… E se quella città è Napoli e la location del suo concerto è la Chiesa Donnaregina Vecchia, luogo che affonda le sue radici nella storia millenaria della città partenopea, un edificio che, probabilmente, già alcuni secoli prima dell’anno mille, era abitato da monache italo-greche, il concerto non può che assumere i contorni, il sapore, il profumo e la consistenza di un viaggio trascendentale nei meandri della poesia, del rock, dell’arte, della storia. Ancora una volta l’artista americana dona, al pubblico presente, un orizzonte epico nel quale si mescolano, in modo eterogeneo ed accattivante, i suoi ricordi, energia punk, impegno civile, vulnerabilità umana ed una magia unica nel tessere storie, parole, eventi e versi che spingono ed invogliano gli ascoltatori ad essere parte, viva ed attiva, di un’esperienza, che risuona tra le navate dell’antica chiesa, e che è, allo stesso tempo, sia collettiva, che introspettiva.

Queste canzoni hanno il potere di superare le barriere generazionali, di creare un contatto che è sia spirituale, che corporeo, lasciandoci, infine, con la consapevolezza di aver vissuto ed aver provato, finalmente, che cos’è la bellezza del sentirsi accettati ed inclusi in una Verità che è molto più di una semplice esibizioni musicale.

Gli strumenti non nascondono le parole, anzi ne amplificano il potere evocativo e le rendono vicine; e ciò accade senza che nessuna nota vada perduta, mettendo al centro di questa sensuale peregrinazione laica, gli esseri umani, le loro inutili e sempre più spesso violente divisioni, la loro sciocca bramosia di potere e di ricchezze, la loro cieca fede nella tecnologia, il loro uso, estremamente materialista, opportunista ed egoista, di tutto ciò che, invece, dovrebbe restare sacro, puro, innocente ed intoccabile.

Abbiamo dimenticato cosa siamo, siamo esseri fragili e limitati che non possono e non potranno mai contenere in sé gli spazi sterminati ed i profondi silenzi del cosmo, ma che, però, come ci ha mostrato Giacomo Leopardi – che, proprio qui, a Napoli concluse i suoi giorni terreni – hanno la possibilità, se abbandonano i loro atteggiamenti più ostili, rabbiosi ed aggressivi, di percepire quell’infinito spazio-temporale che unisce tutte le epoche, passate e future, permettendo ad i nostri pensieri, finalmente liberi dalla peggiore politica, liberi da una visione distorta di Dio e della religione, liberi da un modello di società profondamente autoritario, manipolatore e paternalista, di naufragare, dolcemente, in quel mare di bellezza infinita ed eterna che sono queste canzoni.

E così, accompagnata dal figlio Jackson e da Tony Shanahan, Patti intesse le trame di “People Have The Power”, sempre attuale in un mondo devastato dalle guerre e dall’odio razziale, un mondo che non riesce proprio a superare i peggiori fantasmi del secolo scorso. Trame che ci conducono verso quello che, tutti noi, vorremmo fosse un nuovo, più pacifico e prezioso, inizio. Una speranza comune, che la musica rinnova e tiene viva, ma, ovviamente, sta alla società tutta, ai governanti, agli uomini e alle donne di buona volontà renderla qualcosa di reale, di vero e di concreto.