Capitano Merletti completa il percorso iniziato qualche mese fa pubblicando il secondo capitolo di “Medusa” (qui la recensione della prima parte dell’album). Salito a bordo di un’etichetta di qualità come la Beautiful Losers, aggiunge altri dieci brani a un universo sonoro già ricco d’influenze e di vivacità creando un’opera omnia godibilissima nel suo mantenersi in equilibrio costante tra folk e psichedelia.
Il disco della vita l’ha definito il Capitano, all’anagrafe Alessandro Antonel, ventuno brani che raccolgono momenti fondamentali della sua esistenza registrati nell’arco di tre anni in solitudine e con l’aiuto di Dnezzar, Emma Grace e Rosita Kèss. E’ lungo, va nella direzione contraria rispetto alla musica di oggi, spiega ancora Antonel ma in realtà il tempo scorre via veloce ascoltando “Medusa”.
Eravamo rimasti alle atmosfere ricercate e malinconiche di “Looking Up At The Tall Mystery Of The Trees” che chiudeva il primo tempo, riprendiamo con il clima brioso e irresistibile di “Autumn’s Time” piccola cavalcata psych orchestrale con il violino di Dnezzar in bell’evidenza. Il mood californiano di “Kissing With No Shame The Golden Pain” conquista, diverte e trascina verso una “Evil Girl” melodica, solare, con una bella parte di chitarra acustica.
Brani riflessivi e dinamici come “Telephone” e “Daybreak” si alternano a fulgide ballate che profumano di psichedelia inglese anni sessanta come “Sandy Hair In Summer Rain” e “Oh My Lord, My Love”. Il folk di “The Magician Cat” convive perfettamente con i momenti più grintosi come “Every Time I Turn Around You”, in “Mother Nature” il clima diventa bucolico e sperimentale. “Sunday” è il gran finale, nostalgico e orchestrale happy end di un doppio album elegante, dalla forte personalità.