Ci ha lasciato Shane MacGowan, storica voce dei Pogues, band capostipite di un intero genere musicale che mescolava abilmente la tradizione dell’amata Irlanda con l’indole punk e post – punk. Musica irlandese per un giovane pubblico rock la definiva lui con il solito caustico senso dell’umorismo che l’ha accompagnato lungo una vita sofferta, fatta di eccessi, ben raccontata in libri come “A Furious Devotion: The Life Of Shane MacGowan” di Richard Balls o “Una Pinta con Shane MacGowan” di Victoria Mary Clarke. Dieci brani tra i tanti, per ricordarlo.

10. – Transmetropolitan
1984, da “Red Roses For Me”

Il brano che apriva il primo album dei Pogues, lo sfrenato “Red Roses For Me”. “Transmetropolitan” trasporta lungo le strade di fine anni settanta / inizio anni ottanta tra banjo, chitarre, accordion e tin whistle per raccontare storie di bevute e gioventù bruciata. Un brano che ha fatto scuola dando inizio a quello che sarebbe poi stato chiamato celtic rock.

9. – The Sunnyside Of The Street
1990, da “Hell’s Ditch”

“Hell’s Ditch” album prodotto da Joe Strummer dei Clash è probabilmente quello in cui il sound dei Pogues diventa più compatto e vario, come in “The Sunnyside Of The Street”  dove batteria, accordion, armonica e karimba creano un sottofondo trascinante e gioioso per la voce e il testo di MacGowan, uno dei più speranzosi tra quelli da lui scritti.

8. – Boys From The County Hell
1984, da “Red Roses For Me”

Ancora “Red Roses For Me” prodotto da Stan Brennan questa volta con “Boys From The County Hell” e sono ancora storie di strada quelle raccontate in questi due minuti e cinquanta decisamente intensi e ritmati, dove la realtà non viene edulcorata ma descritta in tutta la sua spregiudicata, selvaggia verità.

7. – London, You’re A Lady
1989, da “Peace And Love”

Uno dei tanti brani dedicati alla città di Londra come “Lullaby Of London” e “Dark Streets Of London” del resto. Tratto dal quarto album registrato durante uno dei periodi più tossici di uno Shane MacGowan che dalle tasche tira fuori questo gioiellino di testo poetico.

6. – USA
1989, da “Peace And Love”

Secondo brano di fila da “Peace And Love” questa volta è New Orleans a fornire spunto ed ambientazione a “USA”. Il sound dei Pogues diventa quasi blues nei ritmi e nelle idee, un incontro tra mondi simili popolati di anime affini, somiglianze cristallizzate nella storia di un amore maledetto. 

5. Summer In Siam
1990, da “Hell’s Ditch”

Joe Strummer + The Pogues in uno dei momenti più alti e riusciti di “Hell’s Ditch”. Malinconica, struggente, emotivamente vicina a “A Rainy Night In Soho” e “Misty Morning Albert Bridge”, “Summer In Siam”  ha un arrangiamento inedito per i Pogues con la cascata di piano, il  sassofono e il testo è forse uno dei più toccanti di MacGowan.

4. – If I Should Fall From Grace With God
1988, da “If I Should Fall From Grace With God”

Il ruolo di produttore qui viene affidato a Steve Lillywhite e il sound dei Pogues comincia a contaminarsi con influenze jazz e folk dopo l’ingresso di  Darryl Hunt e Terry Woods. “If I Should Fall From Grace With God” diventa presto uno dei loro cavalli di battaglia, trascinante e irresistibile dall’inizio alla fine.

3. – The Old Main Drag
1985, da “Rum, Sodomy And The Lash”

“Rum, Sodomy And The Lash” prodotto da Elvis Costello è insieme al già citato “If I Should Fall From Grace With God” uno dei capolavori dei Pogues. “The Old Main Drag” è un racconto senza filtri di vita dura, di grandi speranze e sogni che si spezzano quando fanno i conti con la realtà.

2. – Fairytale Of New York
1988, da “If I Should Fall From Grace With God”

Al netto delle polemiche degli scorsi anni che hanno portato colpevolmente molte stazioni radio a non passare più “Fairytale Of New York”, il brano con Kirsty MacColl è imprescindibile nella discografia dei Pogues. Non aggressivo, certo non offensivo, mostra quell’attenzione verso gli ultimi, i diseredati, che ha sempre caratterizzato la scrittura di Shane MacGowan.

1. – Dirty Old Town
1985, da “Rum, Sodomy And The Lash”

Se parliamo di brani imprescindibili il primo posto va ovviamente a “Dirty Old Town” di Ewan MacColl che nella versione dei Pogues è diventato il simbolo musicale capace ora come sempre di catturare l’attenzione con la sua indole ferale e romantica, decadente e cristallina, lontana dai luoghi comuni e vicina ai ricordi.