Nel 1979, con il loro secondo album intitolato “Valley Of The Dolls”, i Generation X provarono ad allontanarsi dai fantasmi del punk – un genere che, per alcuni aspetti, era già entrato in crisi dopo l’esplosione di un paio di anni prima – per aprire la fase “matura” della loro carriera, contraddistinta da una visione più ampia e approfondita del rock nelle sue molteplici sfaccettature. Le cose in realtà non andarono proprio così perché, nonostante i risultati discreti raggiunti dai singoli (su tutti “King Rocker”, undicesimo posto nella UK Singles Chart), il disco non riuscì a lasciare un segno profondo tra il pubblico.

Le ambizioni di Billy Idol e Tony James andarono a schiantarsi contro il muro della critica, mai troppo gentile nei confronti della band britannica, e di un’accoglienza tutto sommato tiepida da parte degli ascoltatori. Seppur inconsciamente, si iniziarono a porre le basi per la fine della breve esperienza dei Generation X che, di lì a un paio d’anni, avrebbero interrotto per sempre la loro avventura.

Come oggi ben sappiamo, lo scioglimento del gruppo non avrebbe per nulla portato sfortuna ai suoi due membri di spicco. A posteriori, però, credo si possa affermare che “Valley Of The Dolls” avrebbe meritato una sorte diversa dal sostanziale oblio in cui è sprofondato nel trascorrere degli anni. Perché pur non essendo un capolavoro, è un album ricco di belle canzoni scritte ed eseguite da una band in ottima forma, coadiuvata da un produttore dal nome pesantissimo: Ian Hunter, il cantante dei Mott The Hoople.

La sua collaborazione con i Generation X portò alla nascita di una collezione di brani influenzati in primis dal glam e dal rock americano, contraddistinti da un sound alquanto potente nonostante la grande attenzione riservata alla melodia. L’impronta punk resta evidente, come ben dimostrano le chitarre sempre molto aggressive di Bob Andrews, ma è l’attenzione ai dettagli a rendere interessante l’ascolto di un disco ricco e variegato come “Valley Of The Dolls”.

Con la speranza di arricchire la formula e allontanarsi dall’essenzialità degli esordi, i Generation X dedicarono molto tempo alla cura degli arrangiamenti. I pezzi hanno un suono pieno e definito; tendono a crescere di intensità con il passare dei minuti ma, in più di qualche occasione, sembrano perdersi in un nulla di fatto, schiacciati sotto una serie di elementi che non aggiungono nulla di sostanziale al discorso musicale.

Il desiderio di dimostrare a tutti i costi il proprio talento finì con lo snaturare la band londinese che, forse in maniera miope e frettolosa, provò a tagliare i ponti con i suoi trascorsi punk, incapace però di scovare in tempo utile le idee su dove andare a parare senza stravolgere totalmente il loro sound. Fu una mossa disperata per rispondere ai loro numerosi detrattori, che spesso li avevano accusati di non avere personalità e di limitarsi a fare il verso ai più celebri Sex Pistols? Può darsi. Sta di fatto che, come già scritto, “Valley Of The Dolls” non solo non è un brutto disco ma, a distanza di molti decenni dalla sua pubblicazione, continua a essere un documento storico importante.

Questo disco suona esattamente come una band punk che fa di tutto per allontanarsi dal suo genere d’elezione senza però riuscire a creare un taglio netto con le origini. C’è l’impressione di trovarsi in bilico tra epoche diverse: da una parte c’è naturalmente la rivoluzione del 1977, ma dall’altra ci sono spunti interessanti ma per nulla innovativi presi in prestito dal glam (“Paradise West”), dal power pop (“English Dream”), dal rock and roll più antico (“King Rocker”), dall’hard rock (“Love Like Fire”) e persino dal progressive (le due parti di “The Prime Of Kenny Silvers”). In parole povere: la fotografia di un periodo di transizione.

Data di pubblicazione: 26 gennaio 1984
Tracce: 10
Lunghezza: 38:16
Etichetta: Chrysalis
Produttore: Ian Hunter
Tracklist:

Running With The Boss Sound
Night Of The Cadillacs
Paradise West
Friday’s Angels
King Rocker
Valley Of The Dolls
English Dream
Love Like Fire
The Prime Of Kenny Silvers, Pt. 1
The Prime Of Kenny Silvers, Pt. 2