Oramai è andata. La trasmutazione musicale dei Kaiser Chiefs è definitiva, totale, irreversibile. E questo “Easy Eight Album”, nuova fatica discografica della band di Leeds, non è altro che l’ennesima avanzata sui territori dancefloor compiuta da Ricky Wilson e soci. Poco da dire.

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L’antifona, del resto, la si era già intuita in fase di produzione, quando i Nostri si erano affidati alle sapienti mani del buon vecchio Nile Rodgers ed a quelle un po’ meno leggendarie, ma altrettanto competenti, dell’ex componente dei Rudimental, Amir Amor.

Va da sé, naturalmente, che provare a cercare tra le pieghe patinate (e scialbe) delle dieci tracce che vanno a comporre la tracklist del disco in questione, l’eco di brani epocali (alzi la mano chi ha pensato subito a “Ruby” oppure a “I Predict A Riot”) che hanno apposto i Kaiser Chiefs sulla mappa della scena musicale internazionale, appare un esercizio alquanto tedioso oltre che inutile e fuori tempo massimo. Volenti o nolenti, è questa la dimensione attuale di Wilson e compagni. Prendere o lasciare.

“Feeling Alright”, per esempio, è una vera e propria dichiarazione d’intenti, nonché il pezzo che apre in maniera frivola ed oltremodo ritmata le danze dell’album. Si tratta, infatti, di un brano in cui il tocco (funk-danzereccio) di Rodgers appare piuttosto preponderante, incisivo, quasi quanto il refrain plasticoso del ritornello che va ad infilarsi nella testa di chi ascolta come una fragranza non troppo gradevole (tanto per usare un eufemismo).

E lo stesso discorso, se vogliamo, lo si potrebbe estendere pure a pezzi quali “Beautiful Girl” ed “How 2 Dance” (una copia sbiadita dei peggiori Duran Duran). Va decisamente meglio – non che ci volesse poi molto – quando i Kaiser Chiefs provano a rifugiarsi nell’art-rock dal retrogusto seventies di “Burning In Flames” o nelle dignitose linee di chitarra di “Sentimental Love Songs”. In pratica, quella di “Kaiser Chiefs’ Easy Eight Album” rappresenta una mera raccolta di brani – e non un raccolto di buone canzoni – costruiti attraverso delle coordinate talmente sempliciotte (per l’appunto) da sfiorare la grigia mediocrità

“The Lads” conclude in maniera fioca, nonché tristemente ordinaria, un lavoro che nulla toglie (forse) e nulla aggiunge al background musicale della band inglese. Già. Perché l’ottavo capitolo della storia dei Kaiser Chiefs ci parla di un gruppo che, purtroppo, non riesce più a centrare l’obiettivo così come avveniva nei primi Anni Duemila.

Sono lontani, lontanissimi i fasti di “Yours Truly, Angry Mob” o dello stesso “Employment”. Dispiace scriverlo, ma “Easy Eight Album”, in definitiva, è un’opera scipita, melliflua, mal verniciata, che non riesce a strappare nemmeno una sorta di sufficienza striminzita.