Nel marzo del 2022 i Bodega avevano pubblicato il loro sophomore, il brillante “Broken Equipment“, e il mese dopo erano passati anche dal Covo Club di Bologna a presentarlo in uno dei più entusiasmanti live-show da noi visti negli ultimi anni: ovviamente c’è tanta attesa per il loro ritorno, che ha segnato anche il loro importante debutto per la prestigiosa Chrysalis Records, con cui hanno da poco firmato un nuovo contratto.

Credit: Ebru Yildiz

Il disco viene definito come un “remake” dell’unico LP realizzato dalla vecchia band di Ben Hozie e Nikki Belfiglio, i Bodega Bay, uscito nel 2015: la press-release spiega che il gruppo post-punk di NYC ha affrontato questo progetto come un regista potrebbe “rifare” uno dei suoi vecchi film, il che significa scrivere una serie di nuove canzoni e sviluppare vecchie idee in nuove direzioni.

Possiamo partire proprio dal principale singolo “Tarkovski” che naviga su territori indie-rock in cui si possono ascoltare chitarre così cristalline che sembrano riportarci alla migliore tradizione indie-pop degli anni ’80, ma il ritornello incredibilmente catchy e gradevole ci regala sei corde che, invece, stringono l’occhio al power-pop, aggiungendo una notevole spinta propulsiva ed eccitando notevolmente anche il più distratto degli ascoltatori.

Appena prima “Bodega Bait”, invece, sembra uscire dagli anni ’90 e da quel mondo alt-rock di cui siamo ancora tanto innamorati: qui le chitarre fuzzy continue e potenti, accompagnate dai vocals malinconici di Hozie, paiono arrivare direttamente da un disco dei Dinosaur Jr. di J Mascis e soci.

La brillantezza continua anche in “Set The Controls For The Heart Of The Drum”, dove la situazione si sposta su territori art-punk magari non troppo distanti dal loro lavoro precedente, ma con una sezione ritmica galoppante e divertente su cui la voce di Nikki puo’ camminare con una certa follia, cattiveria e determinazione.

“Stain Gaze” forse è la traccia più punky tra le quindici presenti su questo terzo LP dei Bodega: le sue intense e rumorose sei corde sono supportate da un drumming sempre deciso e potente e i suoi riff arrivano dritti e adrenalinici.

La pur brevissima (appena settantacinque secondi) “Born Into By What Consumes” ci mostra, invece, il momento più delicato, riflessivo e sognante di tutto il disco e ci fa incontrare un’altra faccia sonora del gruppo statunitense.

Un album variegato, interessante, che non solo ci porta una band in grande forma, ma mette in luce anche i progressi ottenuti dai Bodega nel corso degli anni.