Bisognerà abituarsi a questo nuovo “James Bond”, interpretato con freddo cinismo e grande presenza dal possente Daniel Craig: la prova di “Quantum Of Solace” è infatti superata, e nulla vieta di pensare che il personaggio abbia trovato stimoli sufficienti e risorse per andare avanti ancora a lungo.
Certo, tutto questo non è stato ottenuto senza sacrificio, perchè ogni palingenesi prevede una dose inevitabile di dolore.
Vedere per la prima volta questa nuova versione in “Casino Royale” fu un colpo al cuore: da sempre affezionati alla signorile fisicità di Sean Connery, o dalla sottile ironia british di Roger Moore, il nuovo volto scelto per interpretare l’agente segreto è da subito apparso un cambiamento radicale con il passato.
Non più un attore che rincorre il mito creato da Ian Fleming, quanto piuttosto il contrario: è James Bond che corre dietro a Daniel Craig, e cambia per cercare di adeguarsi al suo corpo, in un inevitabile processo di aggiornamento e rivisitazione che lega il ciclo iniziato nel 1962 all’action moderno, con il modello naturale della trilogia di Jason Bourne.
Il primo tentativo di questo nuovo ciclo è stato un allontanamento ““ straziante per i fan di lunga data – dalle suggestioni dei set di Ken Adam, dalla baracconeria evidente delle trame strampalate, dalla sessualità stravagante delle Bond-Girl.
Paul Haggis (premio Oscar sia come sceneggiatore che come regista) ha ricevuto il compito di riscrivere le origini di un’icona cinematografica, e alla seconda prova si iniziano a delineare i temi cari al secondo padre della più famosa spia di Scotland Yard: soprattutto nella definizione del ruolo di M, che segna la più grande differenza con l’originale. Affidando il ruolo a Judi Dench, e quindi ad una donna anziana, Haggis rafforza un legame materno giocato sulla fiducia e il rispetto.
Il punto però è un altro: per la seconda volta, questo nuovo Bond agisce con delle motivazioni. Se Casino Royale lo vedeva addirittura innamorato (e tradito), “Quantum of Solace” – che ne è un sequel diretto, con riferimenti evidenti che rendono necessaria la visione dell’altro episodio – lo vede determinato alla vendetta e alla voglia di fare chiarezza, di superare i propri demoni.
Il cambiamento è ancora epocale: Bond non ha mai avuto alcun proposito ““ ideologicamente, forse un vago e mai esplicito anticomunismo – se non quello di girare il mondo e flirtare con belle donne, sventando nel tempo di lavoro piani assurdi per distruggere il pianeta.
Proprio nel momento in cui perde molta parte del suo distaccato allure – fatto di atteggiamenti da dandy a cui ormai tiene fede solo forzatamente – Bond diventa più umano dotandosi di un background psicologico basic, ma funzionale al suo vernissage.
Per il resto, le avventure di Bond sono ormai ben oltre i confini del possibile: il nostro salta sui tetti (nella splendida e pirotecnica sequenza girata a Siena), distrugge un albergo nel deserto, si arrampica in modo innaturale ovunque: è ormai un supereroe a tutti gli effetti.
L’action comunque funziona in modo quasi elementare, e il rimpianto per il fascino perduto può essere spiegato solo pensando che forse questo era il solo modo per salvare Bond dall’oblio.
Dopo le ultime imbolsite prove di Pierce Brosnan, la faccia di Daniel Craig è pur sempre una ventata d’aria fresca.
Titolo originale: Quantum of Solace Regia: Marc Forster Sceneggiatura: Paul Haggis e Neal Purvis Fotografia: Roberto Schaefer Montaggio: Matt Chesse e Richard Paerson Interpreti: Daniel Craig, Olga Kurylenko, Gemma Arterton, Judi Dench, Jeffrey Wright, Mathieu Amalric, Giancarlo Giannini, Neil Jackson Durata: 110′ Nazione: USA, UK Anno: 2008 Distribuzione: Sony Pictures
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