Dall’autunno 2010 tanti capisaldi del folk sono ricomparsi con album più o meno memorabili, dal meno incisivo “Helplessness Blues” dei Fleet Foxes all’imperdibile ritorno di Iron and Wine, “Kiss Each Other Clean”. All’appello mancavano i Fruit Bats, che ritornano   questa estate con poco meno di una dozzina di brani. “Tripper”  nasce dall’incontro di Eric D. Johnson con un introverso vagabondo di nome Tony, avvenuto casualmente in treno quando il cantautore aveva poco più di vent’anni.

I Fruit Bats nascono a Chicago dalla mente di Johnson, all’epoca istruttore alla Old Town School of Folk Music. Nel 2001 esce il primo album della band, “Echolocation”, seguito a ruota da “Mouthfuls”  (la quale contiene la “‘sunny’ hit “When U Love Somebody”), “Spelled in Bones” e il meno convincente “The Ruminant Band”  del 2009. A due anni dall’ultimo album la band si allontana dallo stile solare e folk-pop che li caratterizza, inseguendo la strada del synth e giocando maggiormente sulla tastiera e suoni collaterali. Rischio maggiore, ma anche una gamma di brani differenti l’uno dall’altro, in una prova di sensibile cambiamento dalla discografia precedente.

Doveroso è riconoscere “Tripper”  sono presenti le accoppiate folk pop più pacate che hanno reso i Fruit Bats inconfondibili (“Tony the Tripper”, “Wild Honey”, “Picture of a Bird”), con chitarra a tenere il ritmo, predominanza vocale ed atmosfere contemplative. Tuttavia, un qualche cambio di rotta rende l’album meno lineare e più interessante, sfuggendo alla possibilità  di finire rilegato a puro sottofondo musicale. Se “So Long”  è un pop un po’ dreamy e delicato, accompagnato da synth e tastiera che strizza l’occhio alla giovane Alessi’s Ark, canzoni come “Tangie and Ray”  e “You’re Too Weird”  puntano a un folk rock dai richiami country, con cembalo dylaniano e un crescendo di chitarra vagamente distorta. Non mancano neppure atmosfere da piano bar (“The Banishment Song”) e il soul di “Dolly”, in cui la chitarra viene sacrificata a scapito di synth e tastiere. Con “Shivering Fawn”  e “Heart Like an Orange” il folk pop ritorna a spadroneggiare, accompagnato però da synth più dreamy ed atmosfere tradizionali, incalzate da chitarra più presente ed effetti sonori.

“Tripper”  è in definitiva un disco che punta al cambiamento, seppur accennato, in grado di mantenere intatta l’anima folk del gruppo arricchendola con nuove sonorità . Il disco perfetto per accompagnare le tiepide mattinate estive.