Mettendomi comodo di fronte al computer e cercando il modo migliore di iniziare questa recensione mi sono reso conto che mai si è parlato di Mark Kozelek tanto quanto in questo ultimo anno, dall’uscita di “Benji” in poi la notorietà  del cantautore nativo dell’Ohio ha subito un balzo in avanti mostruoso, dovuto non solo alla qualità  della musica proposta, ma anche alla risonanza mediatica che il nostro ha (involontariamente?) costruito intorno a sè.

Chi ha seguito le vicende dell’ex Red House Painters avrà  letto di insulti nei confronti del pubblico, gustosi dissing verso i The War On Drugs e giornalisti troppo insistenti, fino ad arrivare a lunghi sproloqui riguardanti True Detective durante i concerti, tutto questo però, cosa rara in situazioni simili, non ha minimamente distolto l’attenzione verso gli ottimi ultimi due album del musicista statunitense.

E così tra un disco di canzoni natalizie e la collaborazione con il nostro Sorrentino per la colonna sonora di “Youth” Mark Kozelek ha trovato il tempo di dare alle stampe a solo un anno di distanza dal fortunato predecessore questi suoi “Temi Universali”, lavoro come al solito ostico e per nulla facile da digerire, costituito da otto tracce della durata spesso vicino agli agli otto minuti o anche più, (chilometrici) bozzetti di vita privata che ci trascinano nel bel mezzo dell’esistenza dell’irascibile cantautore, tra viaggi e discussioni con i colleghi, visioni ubriache di telefilm e telefonate con registi importanti, tutto questo in un misto di folk, rock e spoken word paranoici.

Trovate tutto questo noioso e difficile da assimilare? Vi assicuro che il gioco vale la candela, ascoltando questo disco non ho potuto proprio non pensare a “Youth”: dove la pellicola risulta farraginosa e a tratti fatica a stare tutta insieme pur avendo l’enorme potenza evocativa dell’epopea umana Sorrentiniana oltre che dei grandi interpreti, questo album riesce a tenere viva l’attenzione dell’ascoltatore per tutta la sua durata, questo grazie alla tensione nervosa che l’interpretazione di Kozelek, sentita e piena di “angst” nelle sue esplosioni elettriche, magistralmente ci elargisce.

In definitiva questi “Universal Themes” rispecchiano appieno il carattere del loro autore, ti respingono, ti strattonano e si rivolgono a te a muso duro ma sotto la loro spessa scorza si nasconde la bellezza della vita vissuta appieno, la rabbia e la delicatezza della poesia di strada, quella abbaiata alla luna dai cani randagi della canzone di cui Kozelek è l’indiscusso capo branco.