I Luluc tornano, con il loro terzo lavoro, a distanza di quattro anni da “Passerby”, album del 2014, osannato dalla critica come il precedente “Dear Hamlyn”.

La band australiana, composta da Zoe Randell   e Steve Hassett, ci aveva proposto nei precedenti lavori un indie folk ispirato, con testi ricercati e incisivi.

Grazie a questa loro capacità  avevano catturato l’attenzione di parecchi addetti ai lavori, partecipando su invito di Joe Boyd, produttore storico e guru del folk britannico, al riuscito disco tributo a Nick Drake  “Way to Blue” e ottenendo la stima e la produzione di Aaron Dessner   di The National per l’album “Passerby”.

Il loro stile, così essenziale e delicato, ha finito per cucire loro addosso una reputazione di band, così intellettuale e sofisticata, che porsi in maniera critica nei loro confronti, rischiava di insinuare lo stesso timore che si ha nel criticare il piatto di un grande chef.

Molti hanno paragonato i  Luluc a Simon & Garfunkel,  e in effetti qualche riferimento mi sembra evidente nei loro primi lavori, ma sinceramente prima di questo loro nuovo “Sculptor”, avevamo sperato in un evoluzione del loro sound che li liberasse da scontati riferimenti.

In effetti il brano di apertura “Spring” aveva alimentato questa speranza e in tutto l’album è presente questo tentativo di innovare, spesso con la presenza di una nuova sezione ritmica, per quanto a volte troppo timida, e con la presenza in alcuni brani di accenni di elettronica.

Un punto a favore dell’ album è sicuramente la produzione e la qualità  del sound ricercato e confezionato in maniera precisa, ma pur muovendoci in questa perfezione resta la sensazione che ci sia qualcosa che non va, perchè mi dispiace offendere lo chef ma, per quanto raffinato e ricercato, il piatto non riesce a soddisfare il palato.

Se il   già  citato “Spring” insieme ad “Heirst” possono dare una sensazione di evoluzione del sound dei Luluc,  in realtà  l’album propone poche novità .

Il lavoro nel complesso appare meno ispirato dei precedenti, con pochi brani capaci di colpire veramente nel segno e degni di essere ricordati.

La voce di Zoe è sempre deliziosa e in diversi brani riesce a creare una certa piacevole atmosfera, come in “Controversity”, ma in altri come per “Me and Jasper”, le scelte negli arrangiamenti appaiono poco felici e finiscono per mortificare il brano.

“Sculptor”, per quanto lavoro interessante e a tratti piacevole, risulta però essere nel suo complesso incapace di dare ai Luluc una nuova spinta in avanti e una svolta nella loro carriera.

Credit Foto: Charlotte De Mezemat