Arriva un po’ come un piccolo regalo a sorpresa questo “Cotillions”, terzo album solista di William Patrick Corgan (per gli amici Billy). Ad annunciarne l’uscita è stato lo stesso frontman degli Smashing Pumpkins, tramite un post pubblicato all’inizio di novembre sul suo account Instagram. Una manciata di righe per presentare l’ultima fatica e, tanto per cambiare, attaccare i perfidi mass media, colpevoli di avergli stroncato le recenti uscite discografiche.

Sotto il veleno, un consiglio esplicito: ascoltate questo lavoro senza fidarvi delle recensioni. Mi pare difficile credere che l’accoglienza a dir poco tiepida ricevuta solo un anno fa da “Shiny and Oh So Bright, Vol. 1” sia tutta da imputare ai pareri negativi di una buona parte della critica. La verità  è che la verve di Corgan si è definitivamente eclissata, almeno per quanto riguarda la sua riformata e pluri-rimaneggiata band. Quando opera in autonomia, tuttavia, le cose sembrano andare diversamente.

Recuperando le sonorità  acustiche e la dimensione folk che nel 2017 caratterizzarono il riuscito “Ogilala”, le diciassette canzoni di “Cotillions” servono a ricordarci di che stoffa sia fatto il permalosissimo zuccone di Chicago. Oltre gli eccessi, i progetti inutilmente mastodontici (vi ricordate il già  abbandonato “Teargarden by Kaleidyscope”?) e i litigi a destra e manca, resta l’autore di razza. Un musicista sopraffino che, pur non brillando più come ai vecchi tempi, è ancora in grado di trasmettere emozioni, soprattutto quando decide di ridurre all’osso la proposta.

Una chitarra, un pianoforte, occasionalmente qualche corista ad armonizzare le melodie: tanto basta a Billy Corgan per dar forma a ballate intense e avvolgenti, in costante bilico tra un calore capace di sciogliere persino i cuori di pietra e una sottile malinconia. Il nume tutelare è Neil Young, dal quale vengono ripresi gli aspetti per così dire più “rustici”, vicini alle radici della grande scuola folk americana (“To Scatter One’s Own”, “Faithless Darlin'” e “Colosseum”).

La vera, grande novità  che ci porta in dote “Cotillions” è però rappresentata dall’esplosione di violini, banjo e lap steel che colora di country le note di tante tracce, tra le quali spiccano sicuramente la vivace “Jubilee”, l’amara “Hard Times” e “Cri De Coeur”, dal respiro antico e celtico. Questa alquanto inedita versione di Corgan potrebbe spiazzare i fan più appassionati degli Smashing Pumpkins, abituati a quella splendida ricchezza sonora che, dai fasti di “Siamese Dream” e “Mellon Collie and the Infinite Sadness”, si era ormai trasformata in fastidiosa magniloquenza.

Qui, fortunatamente, dominano   un’intimità  e un bisogno di semplicità  che esaltano le doti compositive del buon William Patrick: non più un genio tormentato dell’alternative rock, ma un raffinato songwriter, autore di un album troppo lungo ma davvero molto piacevole.