Se me l’avessero detto otto/nove mesi fa non c’avrei creduto. Le Luci Della Centrale Elettrica live al Circolo degli Artisti che fa sfiorare il sold out. Quello che solo qualche mese fa era un nome che circolava nel sottoscala dell’underground italiano (grazie al suo demo) è ora un artista capace di richiamare una piccola “massa” (e “massa” per il circuito della musica indipendente del Belpaese vuol dire riempire un locale come il Circolo) con tutto ciò che ne consegue: testi cantati in coro, una calca inverosimile nelle prime file e gente che bellamente se ne frega di quello che accade sul palco.

La serata inizia verso le 22.20. Apre Dente, anche lui voce e chitarra acustica che arrivano dalla provincia italiana, accompagnato per l’occasione alle tastiere dal Sig.Solo. Stesso strumento, coordinate diverse rispetto a Vasco Brondi: Dente risulta più leggero, quasi un De Gregori più scarno, cantautorato, di buona fattura, tout court. E tiene anche bene il palco,risulta simpatico, il pubblico gradisce (o fa finta di gradire) (il suo disco, uscito su Jestrai, si chiama “Non C’è Due Senza Te”, per chi volesse approfondire).

E passiamo al main act. Sul palco ecco Le Luci accompagnato dal suo ‘mentore’ Giorgio Canali: Vasco all’elettrica, Giorgio all’acustica, questa cosa un po’ mi spiazza. Si parte con “Lacrimogeni” da “Canzoni da Spiaggia Deturpata”, e scattano i cori: tutti insieme a cantare “Portami A Bere Dalle Pozzanghere” (ma tutti la sentiranno questa frase? Diciamo di sì). Una dopo l’altra si susseguono quasi tutte le tracce del disco (l’unica che non viene eseguita è “Nei Garage a Milano Nord”), con la folla entusiasta su “Per combattere l’Acne”, “Sere Feriali” e “Piromani”. Difatti il set di Le Luci, in questo periodo, consiste principalmente nelle tracce del disco parzialmente modificate, allungate in alcuni tratti grazie ad azzeccati inserti in collaborazione con Canali e spesso collegate tra di loro da ‘mini-reading’ di Vasco, presumo estratti dal libro da poco uscito “Cosa Racconteremo Di Questi Cazzo Di Anni Zero” (che poi, sempre ad intuizione visto che il libro non è ancora in mio possesso, credo sia nient’altro che un collage dal blog di Le Luci..insomma una trafila molto comune di questi tempi). A dirla tutta, queste parti parlate risultano un po’ derivative rispetto al disco, sanno di già  sentito. Per chi gradisce da novembre ci sono in giro per l’Italia (e a richiesta) dei reading del libro, con Vasco alla chitarra che legge e suona. Giorgio Canali si sposta dall’elettrica all’acustica con un’abilità  che ha fatto ormai sua dopo anni e anni sui palchi italiani, inaspettatamente accenna a un pezzo di “Se Viene Il Lupo” (da “Rossofuoco”, 2002). Ho sempre pensato che Giorgio meritasse di più e che abbia ricevuto troppo poco dal mondo della musica, stasera ne ho avuto la conferma.

Dopo un’oretta il concerto finisce con un ‘finto bis’ (con una pausa durata 30 secondi massimo) con Stagnola, sempre dal disco di Vasco, con tanto di problemi di suono alla fine che costringono i due ad eseguire l’ultima strofa unplugged, anzi a dir la verità  ad eseguire l’ultima strofa è stato il pubblico anche questa volta coinvolto in un “singalong” collettivo.

Cose buone: Vasco ha passione, cuore e si vede, si è sentito sul disco, si vede sul palco, scrive belle cose ed è importante che uno come lui abbia un successo così. Dal mio piccolo dico che c’è il rischio che diventi un Offlaga Disco Pax parte II, cioè che la formula si ripeta e non sia più in grado di sorprendere nessuno. E avere un Canali vicino è un grande aiuto.

Cose brutte: nessuno ne ha colpa, ma questa mini-isteria di massa grazie a un paio di copertine di giornali alla lunga stanca. Soprattutto quando non siamo davanti a un concerto propriamente ‘rock”‘ ma quando siamo davanti a chitarra acustica e voce. Non è colpa di nessuno, però..da una parte era meglio quando ho visto Le Luci della Centrale Elettrica qualche mese fa. Un ultima piccolissima critica ‘tecnica’: era meglio anche quando Vasco non si piazzava all’elettrica ogni tanto, qualche suo inserto ‘amplificato’ è stato quantomeno discutibile (e cacofonico).

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