Passeremo indenni attraverso tutte le età , quella dell’oro, del ferro, del fango e della fuliggine, ma dagli anni ’80 non riusciremo a venirne fuori con tanta facilità . Ciclicamente ritornano stendendo un velo di plasticosa elettricità  sulle nostre vite, ci dipingono la vita di fucsia e colori pastello tramando vaporosi sulle nostre acconciature. E lo fanno mentre risuonano sintetici come poche cose al mondo tra i solchi delle ultime novità  discografiche.
Ci fosse ancora qualche dubbio in proposito, ecco che l’ultimo album degli Yeasayer ci toglie da qualsiasi imbarazzo amletico. La band newyorkese vira quasi totalmente dalle atmosfere di cui era intriso il suo esordio e consegna alle stampe un disco che ripropone filologicamente certe attitudini figlie del periodo succitato.

Va detto che se “Odd Blood” si fosse fermato dopo le prime quattro-cinque tracce, staremmo qui a parlare di roba che scotta, tanta è la qualità  e l’adrenalina rilasciata. Invece dopo una partenza fulminante il disco si arena tra le secche di una magra ispirazione, calando vertiginosamente nel finale.
Eppure lo scuotimento iniziale aveva fatto tremare più di una pista da ballo, tra ricordi di cocktail ruspanti bevuti su spiagge baleariche e ritmi sudati ricalcati dalle vibrazioni di Talking Heads e
Talk Talk, con in più l’aggiunta di sensazioni italo-disco sparse qua e là .

Il suono frizzante e sintetizzato si aggruma attorno alla voce fresca e teatrale di Chris Keating ““valore aggiunto del gruppo di Brooklyn -, creando una miscela divertente che striscia irriverente tra le pieghe di un pop psichedelico e impasticcato. Più di un singolo sarebbe adatto a riscaldare la pista di qualsiasi discoteca, tra palloncini colorati e gin tonic versati a fiumi.

Come detto il problema è che “Odd Blood” sembra un album diviso radicalmente a metà , laddove la seconda parte rimbomba più come riempitivo della prima che altro. Un vero peccato, anche perchè non poche gustose gemme sonore erano state seminate con dovizia e classe qua e là , riuscendo addirittura nell’intento di tratteggiare, fra le altre cose, una struggente canzone d’amore perduto.
A questo punto perdersi d’animo o scartare il disco a priori sarebbe un vero peccato, per cui non ci resta che pescare solo il meglio, inserendo le canzoni che contano nelle compilation da preparare per le prossime vacanze, lasciando gli scarti all’oblio infausto del tempo che verrà .