Chad Valley, questo sconosciuto. Dalle ultime file di quest’estate, dietro ai vari Washed Out e Mempory Tapes c’è una mano alzata. La si vede appena. Quello che l’ha messa in mostra è un timido, uno che non ha molta voglia di farsi fotografare. Di stare al centro dell’attenzione. Si chiama Hugo Manuel ed è di Oxford. Inghilterra. Una prima differenza che lo terrà  distante dagli altri nomi sopra citati, ma solo per qualche istante. Parte il disco e mi accorgo che musicalmente Chad Valley deve molto al glo-fi d’oltre oceano. Anzi, è da lì che parte.

Melodie rarefatte, synth anni 80 ed una patina di trasognate allucinazione: “Reach Lines”, secondo brano del lotto, ne è l’emblema. Ritmiche rallentate che sembrano un colpo di sole al mare, nelle ore di punta e voci filtrate. “Now that I’m real (How does it feel?)” è perfetta nell’equilibrio tra pop e disco ed è forse il brano che ricorda più da vicino il Memory Tapes di “Seek Magic”. Un quasi plagio, ma di raffinata bellezza. Equatorial Ultravox” è il luogo non-fisico della riscoperta. Il luogo della ribalta. Quello della nostalgia  Non stupiscano allora i coretti alla Beach Boys che pervadono “Acker Bilk”. Nè le melodie romantiche di “Fast Challenges” che ripescano l’atmosfera di un sabato sera qualsiasi in una discoteca in riva al mare di troppo tempo fa. Chiude il disco il tribalismo di “Shapeless”, tanto per non farsi mancare nulla.

Sette tracce. Tanto basta per lasciare il segno e non annoiare. Appena trenta minuti. Tanta nostalgia, dunque. Tanto romanticismo. E dietro l’angolo il tramonto. Chad Valley segue la scia dei suo colleghi hypnagogic senza far troppo rumore. Senza troppe pretese. Ma con stile.