Un vecchio adagio dice che dalle piccole città  o si scappa o ci si resta imprigionati per tutta la vita. Will Sheff, leader e anima degli Okkervil River, in una piccola città  (Meriden nel New Hampshire) ci è nato e ci è rimasto a lungo prima di traslocare a Austin, Texas. Fuggito lontano dagli occhi ma non dal cuore, visto che le atmosfere e i personaggi incontrati da bambino e da teenager hanno continuato a far parte dei testi delle sue canzoni, a volte come dolci ricordi altre come fantasmi difficili da scacciare. Di questo parla ancora e a lungo “The Silver Gymnasium”, disco numero sette e primo inciso per la ATO di Dave Matthews, in cui fa capolino anche un certo signor Jonathan Meiburg al banjo e ai backing vocals in diverse canzoni.

Un ritorno alla forma del concept album per gli Okkervil, che prendono spunto dalle esperienze autobiografiche di Sheff per immergersi nella vita della poco ridente Meriden, anno di grazia 1986. Un doloroso viaggio lungo le strade secondarie d’America malinconico fin dal titolo (che fa riferimento alla palestra della vecchia scuola di Will), che nell’uso delle chitarre e dei sintetizzatori è anche un omaggio alla musica di quegli anni. Prodotto da John Agnello, anticipato da una mappa interattiva di Meriden courtesy of NPR e da un curioso videogame, “The Silver Gymnasium” somiglia a un film (e Sheff sta appunto lavorando a un cortometraggio di mezz’ora ispirato ai brani dell’album). Uno di quelli ambientati appunto nelle piccole città  dove sembra che non succeda mai niente ma in realtà  di cose ne accadono eccome. Quegli eventi della vita di tutti i giorni apparentemente insignificanti che poi finiscono per essere i più importanti, che gli Okkervil River sono e sempre saranno maestri nel raccontare.

Comincia con il pianoforte della nostalgica “It Was My Season”, quasi dovessero scorrere i titoli di testa. Poi Will coraggiosamente si fa avanti e inizia a tessere la sua tela, mettendosi a nudo con la stessa urgenza (musicale e sentimentale) di “Don’t Fall In Love With Everyone You See”. Provando, un brano dopo l’altro, a fare un bilancio di ciò che è stato e di quello che avrebbe potuto essere. A fare i conti da adulto con quella testa incasinata, piena di dubbi tipica di quando si è molto giovani. Come ogni film “The Silver Gymnasium” ha un primo e un secondo tempo, con l’intensa “Lido Pier Suicide Car” a far da spartiacque. La spericolata e romantica “On A Balcony” evoca la tenerezza delle prime cotte mentre i ricordi lontani ma non sbiaditi di “Down Down The Deep River” e “It Was My Season” hanno il sapore di un’infanzia complicata e tutt’altro che perfetta, sentimenti che spuntano anche tra le note e le righe di una “Pink Slips” in bilico tra ironia e rimpianto. La tensione di “Where The Spirit Left Us” e l’oscurità  di “White” invece fanno pensare al gusto amaro di un’adolescenza difficile. Quando inevitabilmente ci si trova a fare i conti con rapporti d’amore e di amicizia strani, sbagliati ma anche sorprendenti. In “Walking Without Frankie” poi gli Okkervil attingono alla loro anima più torbida e tormentata, raccontando un’altra storia da brividi.

Ha anche tempo di travestirsi da fratello maggiore Will e da ormai ex pecora nera quasi quarantenne dispensa consigli in “Stay Young”, canzone dal sound molto eighties con quel synth e quelle chitarre che ricordano tanto i The Outfield. Prima di gettarsi a capofitto in “All The Time Everyday”, l’inno che agli Okkervil mancava da qualche tempo e che live farà  furore. Sulle ultime note della toccante “Black Nemo” scorrono i titoli di coda (con una piccola appendice per i fortunati possessori dell’album su vinile, che potranno godersi anche “Do The Crawl” e “From A Cutlass Cruiser”). Dopodichè Will dà  un ultimo sguardo ai paesaggi della sua infanzia per poi salire in macchina, accelerare e allontanarsi dalla Route 12 A che, adesso come allora, separa Meriden dal resto del mondo. E’ un album intenso “The Silver Gymnasium”. Non raggiunge il livello di capolavori come “Black Sheep Boy” o “Down The River Of Golden Dreams” ma fa ridere, piangere e pensare. “We can never go back / we can only remember” canta Will in “Down Down The Deep River” e il senso del disco è tutto qui: venire a patti col passato, nella musica come nella vita. E andare avanti.

Credit Foto: Shervin Lainez