Triste vedere come la band di Cathal Cully e soci, giunti ormai al loro terzo disco, non abbiamo tutto il successo che si meritano. Dopo le più che incoraggianti premesse del primo album “Dead To Me” del 2011 e l’aver dimostrato di non essere solo meteore due anni dopo, con “The New Life”, i Girls Names hanno deciso di levigare le sonorità  più pop, per creare un qualcosa che determini la svolta, la maturità  artistica. Eppure questi quattro ragazzi di Belfast rientrano di diritto nel filone Post-punk, per gavetta, abnegazione e capacità  compositive.

L’open track, “Reticence”, dimostra sin da subito il carattere di “Arms Around A Vision”: oscuro, grintoso, evocativo. Gli eroi musicali giovanili di questa band rivivono per tutta la durata dell’album, dalle chitarre New Wave di Adrian Borland (The Sound) alla ritmica di Simon Gallup e Lol Tolhurst (The Cure), dal velato romanticismo dei Jesus & Mary Chain e Echo & the Bunnymen al synth dei più contemporanei “Horrors”. Tutte queste esperienze si fondono in questo album, in dodici piccoli pezzi dal caratteristico gusto New Wave 2.0. Cully scrive e canta con passione, coscienza, per rifiatare in “Obsession” e “Convalescence”, unici brani strumentali del disco. Il primo singolo estratto, “A Hunger Artist”, mostra con vigore l’animo dei Girls Names. “An Artificial Spring” e “Malaga”, prossimi possibili singoli, caricano già  dal primo ascolto.

Chiude questo full-length “I Was You”, con una struttura psichedelica e tensioni shoegaze, dimostrando che “Arms Around A Vision” è l’album della maturità , destinato far parte della libreria musicale di ogni nostalgico del Post Punk.