Il nuovo “Weirdo Shrine” del quartetto Seattleiano delle La Luz è il disco delle ossessioni, morte e noir thing, “realizzato” tra vecchie scartoffie e polvere di un negozio di attrezzatura per surfisti e riadattato a studio di registrazione da Ty Segall; ed è come un “ex-voto sonoro” per uno scampato e grave incidente stradale che la band ha subito tempo fa, e tutto il sound ne risente, tra tensioni malcelate, ballate a loop e quella frenesia di sottofondo ““ anch’essa mal celata ““ che circola su e giù per la tracklist.

Undici percorsi sonori che ““ conservando minuziosamente tutti i difetti e le defezioni di una registrazione mid-ambientale, in diretta ““ si evolvono e smarcano dalle estetiche primaticce della band, sono “altra cosa” rispetto il classico surf-rock sbruffone e dai 32 denti bianco avorio, un noir sound che trapela malinconia nonostante gli start vitali che provano a fare capolino “With davey”, “Hey papi”, “Black hole weirdo shrine”.

Per dirla in tutta sincerità , anche un disco debole e che non riesce assolutamente a bilanciare la confusione sonora, la mancanza totale di idee e la ovvietà  esagerata, e le mossette svagate di Your disappear, il languido passo di “I can’t speak” o la leggera lisergia che droga “Oranges” servono solo a far riporre il dischetto nella propria copertina e amen.

Photo Credit: k.par.photo (CC BY-NC-ND 2.0)