Cominciamo con le presentazioni.
Kid Canaveral arrivano dalla Scozia, e non sono certo dei novellini. Quintetto dalle enormi potenzialità , ad oggi rispondono ai nomi di David MacGregor (voce, chitarre), Kate Lazda (chitarre, voce), Rose McConnachie (basso), Scott McMaster (batteria) con Michael Craig (synth, tastiere).   Suonano assieme dal 2005, ma il “botto” vero e proprio risale al 2010, quando se ne uscirono con “Shouting at Wildlife”, un disco d’esordio che di fatto fece da apripista per un percorso proseguito tre anni più tardi con “Now That You Are A Dancer”.

E’ proprio il 2013, l’anno di grazia, che fa balzare questa indie pop/rock band sotto le luci della ribalta con tanto di longlist tra i migliori gruppi scozzesi del 2014. Il percorso è tracciato e si arriva ai nostri giorni, quando “Faulty Inner Dialogue” fa capolino. La maturità  dei Kid Canaveral giunge a un passaggio a livello cruciale. Fermarsi e continuare sulla (positiva) onda di quanto fatto nel recente passato, oppure proseguire verso la ricerca di una dimensione in leggera dissonanza?

La chiave di lettura è presto servita, perchè questi ragazzi di St Andrews sembrano discostarsi in maniera abbastanza netta dall’effervescenza del predecessore, abbracciando in questo disco un contesto più adulto. E’ frutto di una maturazione artistica della quale – gioco forza – la band si mostra orgogliosa, ma anche della dimensione meno scanzonata e più sperimentale (sebbene pur sempre innervata di melodia) dei paesaggi musicali descritti.

Sono parecchi gli spunti offerti dal LP, che nella “Gun Fhaireachadain” d’apertura sembra quasi volerci far ascoltare una traccia difettosa. La ritmica è sporcata da un levare sulle prime quasi fastidioso, che si dipana in una più ordinata ascesa di melodia e percussioni nella seconda parte. Sorprende che un un titolo così complicato (fhaireachadain in gaelico traduce il momento del risveglio) calzi a tal punto la dimensione di un brano che – appunto – va a mettere ordine tra le idee dopo un iniziale smarrimento.

Il valore aggiunto dei Kid Canaveral in questo terzo lavoro in studio sembrano essere quegli spunti di malcelata elettronica firmati da Michael Craig. E’ lui il nuovo volto della band, che si fa notare nella sontuosa “First We Take Dumbarton” così come nella più leggera “Tragic Satellite”. C’è spazio per un po’ di tutto, nel quadro in pieno stile alt-pop di questo disco. Ci sono esplorazioni strumentali in “Ten Milligrams” e “Twenty Milligrams”, ma anche episodi più pulsanti, quali “Callous Parting Gift” oppure “Pale White Forever”. Degna di menzione è anche “From Your Bright Room”, in cui MacGregor abbassa lo sguardo per un momento e va a raccontare di profughi, rifugiati, guerre lontane e guerre intestine. Lo fa in punta di piedi, senza scivolare in futile retorica, che di questi tempi è sempre in agguato.

Questo LP rappresenta uno spunto di riflessione, uno sguardo interiore che attraversa argomentazioni disparate, dall’abbandono all’ossessione provocata da demoni nascosti nei cassetti nella mente, in un contesto che alla fine dei giochi appare bilanciato seppur attraversato da obliqua emotività . Il finale con “Reel”, una semi-ballata che ricorda vagamente The Postal Service, si muove sul filo di una sola linea di percussioni, chitarre e pianoforte. Riapre alla luce, dipanando la tensione.
“Faulty Inner Dialogue” è tutto qui, in uno sguardo più sicuro, alla ricerca di quella terra promessa chiamata età  adulta.