Your unexpected Sicily
Questo era lo slogan della ventunesima edizione dell’ Ypsi.
In effetti, ad essere sinceri, per esporre al meglio la magia che questo festival riesce ad esprimere una digressione su questa magnifica terra è fondamentale.
La Trinacria, limite estremo dello stivale italico, fin dai tempi del Regno delle due Sicilie sembra versare sugli stessi problemi, gli stessi pregiudizi, gli stessi luoghi comuni: La Sicilia non è abbastanza lontana, non è abbastanza esotica per i nostri compatrioti lobotomizzati avventori della primavera barceloneta. Ma come ci ricorda il buon Friedrich Nietzsche ,tra l’altro proprio negli Idilli di Messina, forse, per rendersi conto fino in fondo delle reale stato delle cose spesso è necessario alienarsi ,guardare da lontano. La Sicilia è una terra magnifica e negli ultimi anni si sta imponendo come il nuovo eden della musica europea.
L’italianissimo Mish Mash, lo storico Zanne di Catania, il Beat Full a Palermo, l’esplosione definitiva dell’Ortigia Sound Festival. Gli estremi di una variegatissimo panorama del quale l’Ypsi rappresenta solamente l’espressione più alta e più longeva. La punta di diamante.

INTRO
Ho aspettato qualche giorno prima di cimentarmi nella scrittura di questo report perchè volevo mantenere una certa freddezza, una certa distanza, non volevo farmi travolgere dalla sturm und drang emotivo che mi colse alla mia prima avventura ypsina. Oramai conoscevo i luoghi, conoscevo i mezzi, conoscevo le persone che compongono questo stupendo festival. Il mio obiettivo non è solamente quello di convincervi a prenotare un volo diretto a Palermo per la prossima estate ma anche quello di fornirvi una vera e propria guida informale : Una serie di consigli, di piccoli accorgimenti atti a ridurre al minimo il quantitativo di “sbattimenti”. Una guida incompleta, perchè l’Ypsi è un’esperienza unica che va vissuta innanzitutto sulla propria pelle. Un’ esperienza unica che, almeno da due anni a questa parte, mi lascia con un groppo alla gola che l’alta pressione del mio volo di rientro comprime nel petto. Un groppo alla gola che impiega giorni per sciogliersi.
Atterriamo a Palermo di notte causa volo economico . In effetti, se si dovesse trovare un unico limite nella scelta di una vacanza all’ Ypsigrock quello è il costo del viaggio, Un limite che quindi non è direttamente dovuto all’organizzazione del festival. Gran parte del pubblico dell’Ypsi è composto da ragazzi provenienti dalla Sicilia e dal sud Italia e un’altra buona fetta è composta da esponenti del turismo musicale internazionale attirati sull’isola non solo dall’invidiabile line up che ogni anno l’Ypsi può vantare ma anche dall’attraente prospettiva di una vacanza all’insegna del buon cibo e delle birrette a prezzi più che popolari ( specialmente per chi arriva dal nord Europa) , L’Ypsigrock è un festival che mantiene dei prezzi di accesso agli show e al camping molto più che abbordabili (praticamente regalati se si considera il rapporto qualità  prezzo). Per gli avventori di medio raggio (come me) invece, che magari desiderano raggiungere Palermo da nord Italia, il viaggio si rivela generalmente un salasso. Allo stesso prezzo spesso si potrebbero raggiungere mete ben più lontane .Ma più lontane non vuol dire necessariamente più belle.
( PS: quel che sto cercando di dirvi è che con i biglietti è meglio muoversi per tempo, evitate di ridurvi all’ultimo).
Raggiungere Palermo di notte dall’Aereoporto di Punta Raise, comunque, non è un grande problema. è possibile prenotare un taxi condiviso o acquistare un biglietto per la navetta che raggiunge il centro della città  a circa 6 euro direttamente sul bus. Passiamo la notte in un B&B nei pressi del Teatro Politeama. La mattina seguente dopo una colazione a base di Granita e “Brioscia” ed il consueto giro per la città  siamo finalmente pronti per raggiungere Castelbuono.
L’Ypsigrock è veramente un festival pulito, tranquillo. Se siete interessati a qualsiasi tipo di droga vi converrebbe compiere un giro per il mercato di Ballarò o per la Vucciria prima di partire. Difficilmente riuscirete a trovare qualcosa al festival e ,badate bene, se siete in auto le sere dei concerti state attenti ai controlli. Palermo è comunque una città  assurda, vale la pena compiere un giro per questi magnifici quartieri anche solamente per mangiarsi un arancino\a ( che a Castelbuono per evitare ogni disguido e rivendicare la propria indipendenza da qualsiasi provincia hanno ben scelto di chiamare “arancin”).

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La navetta per Castelbuono parte di fronte alla stazione centrale, costa poco meno di 10 euro. In alternativa si può raggiungere Cefalù in treno e poi raggiungere con l’autobus la sede del festival. – Se avete intenzione di passare qualche ora al mare questa potrebbe rivelarsi l’alternativa migliore- . Fortunatamente quest’anno da Palermo partivano quelli che l’anno scorso furono i nostri vicini di tenda. Dopo una assurda mangiata di panelle ed una moderata spesa alcolica partiamo in auto alla volta dell’Ypsigrock.
Il campeggio si trova in una bellissima aerea attrezzata sulla cima di una piccola montagna. Abbastanza alta per farvi soffrire di freddo. Non lasciatevi ingannare dai topoi lampedusiani e Portavi un paio di felpe, Fidatevi. Al di là  di tutto, il camping è certamente il metodo migliore per godersi l’Ypsi, non solo il più economico. La festa di apertura, gli after post concerti si svolgono tutti qui e, ciò che più conta , il capeggio ti da la possibilità  di legare con i magnifici e disponibilissimi ragazzi dello staff e con le splendide persone che popolano questo festival. Montiamo la tenda, socializziamo con i vicini- a sinistra tre amiche e compagne di studi di Siena a destra un americano pazzo venuto appositamente in Sicilia per l’Ypsigrock- . Passiamo la serata seduti in cerchio ascoltando un intimo “live acqustico” di Sergio Beercook, artista che aprirà  questa rassegna ma anche ex compagno di università  di un mio caro amico, Beppe, conosciuto lo scorso anno a Castelbuono e poi ritrovato per caso a Milano.
L’Ypsigrock sta per cominciare e, per quanto sommaria e parziale possa apparire questa tripartizione potremmo attribuire ad ogni giorno di concerti un determinato momento social\antropologico : pogo, ballo , piango.

GIORNO 1: POGO
Il primo giorno ci si organizza, ci si sveglia felici. La sera, finalmente, si perderà  la voce ai concerti. Si rivedono facce che non si vedevano da mesi. Si mangia in campeggio. Il freddo che dalla Sicilia d’estate non ti aspetti si rivela un determinante punto a favore la notte in tenda: dimenticatevi la soffocante afa cittadina, scordatevi le zanzare. L’Ypsicamping offre un comodissimo servizio di navette per raggiungere il centro del paese (10 euro viaggi illimitati). Scendiamo in paese con un buon margine di anticipo per poter passare da una delle più famose pasticcerie siciliane, Fiasconaro, e scroccare assaggini del loro celebre panettone con la manna, una via di mezzo tra la Nutella e lo sciroppo d’acero, prodotto tipico di Castelbuono. Ritiriamo l’accredito e ci dirigiamo verso il Chiostro di San Francesco, dove, come da tradizione, si svolge il primo concerto d’apertura del festival.
Il chiostro è uno spazio intimo ridotto. Il cielo è coperto da un grigio che ha saputo donare al concerto un’atmosfera fantastica. Sergio Beercook ,istrionico e carismatico, tiene il palco come lo farebbe un attore di teatro. Accompagnato solamente dalla sua chitarra e da una loop station spiega la storia di ogni sua canzone prima di eseguirla. Cantautore “folk ” siciliano di origini inglesi, Sergio, rappresenta la perfetta sintesi dello spirito del festival tra vocazione territoriale ed aspirazioni internazionali. Col suo magnetismo il giovane autore ennese ha saputo tenere il pubblico in bilico, sospeso, come la pioggia dei nuvoloni neri che coprivano il chiostro ma non si ostinava a cadere. L’Ypsigrock non sarebbe potuto cominciare meglio.

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Al termine di questo momento di pura magia seguono i BRY, una giovane band irlandese che nel look mi ricorda molto Good Charlotte. Rock per ragazzine ,certamente, ma le atmosfere cominciano a farsi più movimentate, Il grado alcolico comincia a salire ed il chiostro continua a riempirsi dei soliti ritardatari. Si incontrano compagni di merenda milanesi, colleghi siciliani delle riviste dove si scrive, amici tornati dall’estero per passare una vacanza all’insegna della buona musica, personaggi conosciuti all’Ypsi dell’anno precedente”… Piccoli e sparuti gruppi di gente allegra che si ritrova Tutta in fila per un pezzo di tavola calda ed un posto a sedere dove digerire le proverbialmente leggere pietanze siciliane in vista della grande chiusura di serata al castello.
I primi ad esibirsi sul palco del mainstage quest’anno sono i Cabbage, una delle mie scoperte di questa edizione. Quattro ragazzi figli del Sound of Manchester che il buon Gabriele Naddeo di Talassa, risiedente proprio nella città  britannica, mi aveva già  consigliato. Un post punk poco post e molto punk ,immaturo, cafone e dalle venature acerbe che gli conferiscono la giusta freschezza. Un garage rock sfrontato ed ironico che, nei suoi momenti più ruvidi, mi rimanda agli esordi dei Vines in una veste ancora più urlata. In quanto band peggio vestita di questo rassegna ( t-shirt e costumi da bagno) per quel che mi riguarda portano a casa anche la palma dello stile. All’Yspigrock Si comincia piacevolmente a pogare.

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Ok, con l’acronimo Pogo sto semplicemente indicando che la prima serata è quella più rivolta a delle sonorità  rock canoniche . Così l’Ypsigrock ogni anno mi da la possibilità  di ascoltare un paio di band un po’ troppo datate ( ho detto datate non vecchie) per le mie corde per le quali, in sostanza, non pagherei magari mai un biglietto, Band che però- nel contesto di una rassegna del genere- sono Lieto di poter ascoltare. La prima serata, tutto sommato, è quella dedicata ad un pubblico di una generazione più adulta della Mia. Per gli over35 la mamma ( appunto) dal cielo. L’anno scorso ,quasi inaspettatamente, i Mudhoney sono state una delle esibizioni che ho preferito, quest’anno è il Turno dei Preoccupations e dei Ride.

Ypsi 17 | Foto dal profilo istagram di Mark Gardener

I Preoccupations me li godo tranquillamente dalla scalinata del castello ( a livello visivo forse la posizione migliore ) bevendo birrini ormai sfiancato dall’estenuante performance dei Cabbage. è un live epico, forse un po’ troppo prolisso per i miei gusti quando esplode nel quarto d’ora finale di “Death”. I Ride sono invece i perfetti headliner della prima serata. La loro scaletta spazia tra brani storici e prime apparizioni live per le recentissime canzone del loro ultimo album “Weather Diaries”. La versione più potente dello shoegaze mondiale che ci lascia veleggiare tranquilli verso il primo dj set al campeggio.

SECONDO GIORNO: BALLO
La serata precedente mi addormentai in tenda come un imbecille. Portavo con me ancora i postumi della notte a Palermo. Mi sveglio attorno alle 6 del mattino quando gli ultimi inossidabili ballerini cominciavano a ritirarsi dopo aver ormai ballato tutta la notte. Colazione e torno a letto. A mezzogiorno mi risveglio pieno d’energie dopo due dormite consecutive. Fronte alla mia postazione, quella mattina, si erano stabiliti tre ragazzi di Salerno. Erano molto più organizzati di me perchè in giro già  da un mese per l’isola. Avevano un fornelletto e mi raccontarono che proprio a Pachino un vecchietto gli regalo una cassetta di pomodorini tipici. -Non potevano andarsene senza averli provati- . Mi invitarono per una pasta che mangiammo seduti in cerchio su degli sgabellini Quecha. Loro non avevano da fumare, a pranzo finito girai una canna. La pineta del camping è magnifica e La vita è bella per questi momenti. Ero felice. Doccia veloce, caffè al bar del campeggio. Siamo pronti per scendere.

Parlando con i vari addetti ai lavori, con la gente del campeggio e del pubblico rilevai un certo clamore per l’esibizione degli Amnesia Scanner. Data la capienza limitata dell’Ex Chiesa del Crocifisso decisi di evitare i concerti al chiostro ( sbagliando perchè, da quel che ho capito, Adam Naas ha sfornato una prestazione magnifica) ma aggiudicandomi una vicinissima quanto asfissiante postazione in prima fila.
Quella degli Amnesia Scanner ,in un contesto del genere, più che un’esibizione musicale si è rivelata una vera e propria esperienza mistica. Un moderno rituale sciamanico a metà  tra la messa e il rave. Il concerto è cominciato con una sbruffata di fumo bianco pressochè papale che – probabilmente a causa dell’eccessivo pezzume dovuto al caldo opprimente della chiesa mixato all’eccessivo deodorante che l’interessato ha utilizzato per mascherare il problema- sembrava persino profumare. Un odore certamente nauseabondo, ,proprio come quello dell’incenso, e per questo ugualmente straniante. L’asta su cui era montata la cassa in controluce sembrava un crocifisso. I due dj per tutta la durata dell’esibizione ,credo, non si siano guardati una volta negli occhi. Devo ammettere, ho fatto fatica a comprendere i primi dieci minuti di concerto come suppongo sia successo ad una buona parte del pubblico: Le canzoni quando sembrava dovessero esplodere venivano interrotte da lunghi momenti parlati. Non si capiva se di dovesse applaudire o iniziare a ballare, ma è stato solamente L’intro molto lungo di un’esibizione in levare. La gente, spesso ad occhi chiusi, cominciava a muoversi sul posto. Quella del duo di Berlino è stata una delle più spiazzanti e allo stesso tempo potenti performance elettroniche a cui abbia mai assistito. Il concerto itinerante della banda del paese partiva come ogni hanno dal chiostro ma, essendoci persi le esibizioni d’apertura, ci perdemmo anche la loro marcia. Ritrovammo però l’orchestra nel portico della piazza del municipio ad eseguire classici del rock odierno e passato, ascoltandoli, improvissammo una specie di Sarabanda fumandoci una sigaretta e bevendo una birra per reidratare i Sali minerali persi nell’Ex Chiesa sconsacrata.

Ci mettiamo in fila al castello per goderci il concerto d’apertura del mainstage di questa sera affidato a Christaux , la più recente scoperta di casa Tempesta, che si esibisce per una platea non ancora gremita. La settimana prima dell’Ypsi sul treno per Genova mi si sedette accanto una ragazza di cui ho tutti i motivi per pensare fosse Mi$$ Keta in borghese. Vedendo il mio braccialetto mi disse che il suo ex ragazzo si sarebbe esibito in Sicilia proprio quest’anno. Sto facendo del gossip. Il suo ex ragazzo era proprio Christaux il nuovo progetto di Clod degli Iori’s Eyes, ex gruppo di LIM, una specie di rivisitazione elettronica delle sonorità  anni 80. Finito il concerto cominciano i Beak ma, colpiti dai morsi della fama, non ci godiamo per intero la loro esibizione. Evidentemente, nella mia scala di valori, pane e panelle si pone ad un gradino superiore al krautrock.
Torniamo .Mi assesto sotto cassa senza sapere cosa aspettarmi. Vedo il sosia di Joa Mario ( per chi non lo sapesse centrocampista dell’Inter ) con i pantaloni della tuta un po’ troppo larghi su uno sfondo un po’ troppo arancione. Rejjie Snow è un rapper che ha saputo reinterpretare in maniera moderna i più classici stilemi dell’hip-hop old school, la versione raffinata del ganga rap. Il gangsta rap che non vuole fare brutto. Chiedo ai ragazzi dello staff se fosse il primo artista rap ad esibirsi a questo festival. Non mi sanno rispondere con precisione( ma l’ipotesi rimane molto probabile). L’Ypsigrock , ancora una volta, dimostra come lungimiranza e buon gusto all’interno di una rassegna coerente come questa possano espandersi ad ogni ambito musicale. L’Ypsigrock si dimostra ancora una volta a passo coi tempi senza per questo risultare scontato. Qualche sparuto purista si lamenta di questa intromissione in scaletta, la maggior parte del pubblico, pur probabilmente senza ancora conoscerlo , si lascia trascinare dall’immensa personalità  dell’mc di Dublino. Lo stesso Rejjie all’inzio del suo live sembra scusarsi per la sua presenza ad un festival del genere ma, a conti fatti , il suo live è stato sicuramente uno dei meglio riusciti di questa edizione. I got all the drugs. I’ got all the weed, I got all the blow, Baby what you need? Il pubblico, ormai caldissimo, aspettava i Digitalism.

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Come da tradizione la serata dell’Ypsi di sabato è quella dedicata alla musica elettronica e ,come da tradizione, l’headliner del sabato è sempre un big di questa corrente. I Digitalism sfruttano il sensuale effetto del vedo non vedo esibendosi dietro un enorme velo da sposa sul quale vengono riflessi i loro coloratissimi giochi di luce. Come da tradizione passo il sabato sera insieme alle due persone dello staff con cui ho legato di più, Alessia e Francesca, le due bariste dell’Ypsicamping che, come l’anno precedente, cercano ( non invano) di coinvolgermi nelle danze. Non è poi un’impresa così ardua. I Digitalism sono travolgenti. Ballo E, ad essere sincero, balla tutta la piazza. Le braccia sollevate al cielo, i sorrisi stampati sulla facce, i ragazzi che saltavano fin sopra le scalinate del castello illuminati dai potenti riflettori del palco disegnavano Matisse nell’aria. Che questa euforia fosse un pretesto per combattere il gelido vento che sferzava sulle Madonie o fosse realmente frutto della musica io, con tutta la sincerità , non ve lo so dire.

Ma l’Ypsigrock in questo momento mi è parso come la più felice discoteca del mondo.

GIORNO 3: PIANGO
Il terzo è il giorno che musicalmente preferisco ma è anche il giorno emotivamente più straziante. Difatti, come nella più scontata delle previsioni, finirò a piangere. L’idea che l’ Ypsi finisca ,inesorabilmente, avvolge il tuo risveglio in un alone di malinconia. Alone che il dream pop struggente dell’ultima serata non aiuta certamente ad eludere.
Arriviamo tardi per Bobbypin ma in tempo per scoprire i Klangstof, sorprendente formazione olandese che stravolge il noise con influenze elettroniche. Con un buon margine di anticipo ci dirigiamo verso il castello dove avverrà  lo special show di Edda. Francesca ed Alessia mi avevano raccomandato di muovermi per tempo perchè la capacità  del chiostro del Museo Civico di Castelbuono è assolutamente ridotta. Galvanizzato dall’idea di potermi godere il paroliere milanese in una location così particolare Mi ritrovo fra le prime 15\20 persone in fila sulla scalinata del castello. Sulla scalinata a pochi passi dal portone dove a minuti sarei entrato se Car Seat Headrest non avesse deciso di cominciare le prove. Non curante abbandono la fila e mi getto sotto palco. Ho avuto la fortuna di godermi il magnifico concerto di Edda al MI AMI qualche mese fa ( fattore che ha pesato molto nella mia impulsiva decisione) ma sono certo, questa volta, di essermelo perso in un contesto da favola. La possibilità  di una foto con Will ha avuto la meglio ( foto che poi mi verrà  scattata da un ragazzo conosciuto in quel momento ed implorato perchè il mio cellulare si era ormai spento). Perdonami Edda.
foto dal profilo facebook dell’ypsi
Terminate le prove, abbandonati i miei amici all’interno del museo, telefono scarico e l’impossibilità  di contatti, da solo vado a sfamarmi e ,sempre da solo, torno al castello sperando di ri-trovarli nel pubblico. Così non succede, poco importa. Sono troppo carico per l’esibizione che, come avrete già  intuito, attendevo di più: Car Seat Headrest. Will Toledo , impacciato e sociopatico frontman del gruppo, durante il concerto si trasforma in un animale da palco. L’intimità  trasudata sul disco dal vivo sublima in energia pura. La mia solitudine dura poco quando sulla transenna si raccimola un cumulo di gente scatenata. Saltiamo altissimo su “1937 State Park”, cantiamo abbracciati su “(Joe gets kicked out of school for using) drugs with friends”, perdiamo la voce su “Unforginving Girl” e, costantemente con gli occhiali da sole per nascondere i miei occhi lucidi, scoppio in lacrime sul ritornello di “Drunk Drivers\Killer Whales”. Per quel che mi riguarda l’Ypsirock potrebbe finire qui. Concerto della vita.

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Ho adorato l’ultimo omonimo album dei Cigarette After Sex e la loro era una delle esibizioni che attendevo di più. Certamente erano uno dei gruppi in scaletta di cui conoscevo più canzoni a memoria. Mi assesto anche questa volta in una posizione avanzata che la mood poco movimentata del concerto sembra non richiedere fino a che, sfiancato dal caldo, decido anche questa volta di spostarmi verso la scalinata esattamente sotto la scritta “Ypsigrock”. Castelbuono di notte incastonata tra le Madonie sembra un presepe. Il live del gruppo texano è assolutamente perfetto, così perfetto da dar l’impressione di stare ascoltando direttamente il loro cd. Durante la loro performance non hai via di scampo: o limoni duro o presti l’orecchio alla musica struggendoti l’anima. La suadente e quasi femminile voce di Greg Gonzalez è un tappeto rosso di note per introdurre l’esibizione di chiusura di questa edizione, i Beach House, forse la band più attesa di questa edizione.

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Ritrovo Alessia e torniamo in mezzo quando il live dei Beach House sta per iniziare. Il duo di Baltimora – così come i Daughter dell’anno scorso o come potrebbero essere i Tame Impala in futuro- rappresentano alla perfezione le figure di headliner per un festival del genere: Nomi internazionali a cui un asettico, impersonale e gigantesco palco non renderebbe la meritata giustizia. Victoria ed Alex sembrano percepire la magia del castello e brindano col pubblico, al resto dell’atmosfera contribuiscono i fantastici visual. In uno dei momenti più luminosi del concerto – girandoci di scatto quasi infastiditi alla retina- sopra al castello, cogliamo l’attimo per veder passare la più grande stella cadente che il cielo siciliano abbia mai potuto ospitare. Ancor prima che un concerto fantastico i Beach House ci hanno saputo regalare un emozionate frammento di poesia vissuta. Chissà  se anche loro, avvolti il quel sognante involucro luminoso, sono riusciti a scorgere quella meteora. Il malinconico finale dream pop: altra regola non scritta di questo magnifico festival.

OUTRO:
Tornando verso il campeggio per l’ultima volta ti rendi conto di quando l’Ypsigrock sia speciale. Camminando per gli splendidi viali ciottolati di Castelbuono che al pomeriggio in discesa ti spingono verso i concerti mentre la sera al ritorno ti costringono ad indugiare sulla bellezza di questo paese. Smonto la tenda , l’ultima sera rimango sveglio per evitare di perdere qualsiasi navetta. Attorno alle 5 del mattino ho la fortuna di assistere alla ” salita sulla scala”, il vero e proprio rito di chiusura del festival di cui l’anno scorso ho solamente sentito parlare. “Se sai distinguere il cielo dal mare scendendo dal campeggio puoi vedere le isole”, questo mi ha sussurrato una ragazza dello staff prima di partire. E l’ultima mia discesa prosegue proprio così, senza distogliere lo sguardo dalle Eolie che in lontananza sembrano monti.