Quali sono i 10 dischi che porteresti con te su un’isola deserta?
Rivolgiamo la domanda, da sempre grande classico di tutti i “‘musicofili’, ai personaggi, artisti ma anche preziosi addetti ai lavori, che più apprezziamo in ambito musicale (e non solo).

Dopo aver passato un bel po’ di tempo sui palchi italiani con C.O.D e successivamente con il suo progetto N.A.N.O. il buon Emanuele Lapiana, (musicista trentino che negli anni ’90 è andato davvero vicino all’affermazione musicale con appunto i C.O.D, in quel periodo magico per l’indie-rock italiano), ora dirige un’agenzia di comunicazione sonora che si chiama O SUONO MIO,   specializzata Sound Branding, ovvero quella branca del marketing che utilizza il suono e la musica per comunicare al meglio un messaggio, un marchio o un prodotto. Non per questo ha smesso di suonare e di sviluppare idee e canzoni, per fortuna!

Ecco il suo contributo alla nostra rubrica.

10 dischi da isola deserta: non necessariamente quelli che mi hanno cambiato la vita, o la prospettiva. Sono quelli che, per motivi diversi, ascolto quando ho bisogno. Tutti mi spiegano qualcosa di nuovo, ogni volta.

The Cure – Disintegration

L’emozione. Un disco epocale. Spleen epico. Psichedelia e nichilismo. Capolavoro. Da qui hanno pescato tutti i ‘synth dreamers'”…dagli M83 in giù.

The The – Mind Bomb

La Politica. Matt Johnson è una mia ossessione personale. E’ un loser seriale, uno talmente avanti che ha sè stesso nel culo. I temi trattati in questo disco bomba dell’89 sono quelli che hanno monopolizzato la società , la politica e la spiritualità  degli ultimi 25 anni.

Sparklehorse – It’s a Wonderful Life

La Poesia. Mark Linkous è l’unico musicista morto che mi manca davvero. E’ quello di cui mi manca il disco definitivo, e le cui canzoni sanno provocare quel mix di malinconia e leggerezza. Delicatissimo ma laidissimo. Qui Mark è al suo top. Qui lo sento forte e chiaro.

AIR – Pocket Symphony

L’esplorazione. Disco completo ed atmosferico. Adolescenziale e leggero. Una lucina che mi accompagna in qualsiasi esplorazione. Quella interiore quanto quella fisica.

Diaframma – Da Siberia al prossimo Weekend

La pelle. Questo lavoro interlocutorio ed incompleto è la più bella opera di FF, secondo il mio parere. Ci sono schizzi, take alternative, ma tutta la forza compositiva primordiale di Fiumani. La sua parte che preferisco.

Gorillaz – Plastic Beach

Il mescolone. Questo è un capolavoro di pop moderno. Contaminato, leggero e mai banale. Una sfida continua, una sorpresa continua. Un minestrone che sa di vellutata.

R.E.M. – Green

La Purezza. E’ il disco più bello dei R.E.M. secondo me. Pieno di sole. Fascetta in testa e racchetta in legno.

Talk Talk – The Color Of Spring

La Religione. Secondo me il miglior disco degli anni 80 in senso assoluto. Una capacità  narrativa immensa, di un’originalità  assoluta rispetto ai propri tempi. Nè precursori nè discendenti di alcunchè. Fermi nel tempo.

Benjamin Biolay – A L’origine

Il Privato. Il disco più significativo di un autore sottovalutato. Ha infilato una serie di dischi splendidi nella seconda metà  degli anni 2000, unendo influenze hip hop, Brel, i Pink Floyd in un discorso molto personale, a tratti geniale. Tra le cose più belle degli ultimi 10 anni secondo me.

Waterboys – Fisherman’s Blues

Il racconto. Non sono mai stato un grande fan del folk, men che meno della musica irlandese. Ma Mr. Mike Scott qui fa un disco che parla a tutti. Belli e brutti. Con una poesia scheletrica e brutale. Distrutta ma indistruttibile.