Neneh Cherry ormai non deve dimostrare più nulla a nessuno. La gavetta fatta a Londra negli anni settanta e il successo a fine anni ottanta con “Raw Like Sushi” le hanno dato la libertà  che cercava. Allergica a mode e etichette musicali ha dimostrato di sapersi reinventare sempre, restando al passo con i tempi negli anni novanta grazie ad album come “Man”, “Homebrew” (a cui ha partecipato anche Michael Stipe) e il famoso singolo “7 Seconds” in duetto con Youssou N’Dour. Il nuovo millennio è iniziato e proseguito con progetti di buon livello (CirKus, The Cherry Thing) fino all’uscita di “Blank Project” quattro anni fa.

Un album che ha segnato l’inizio della collaborazione con Kieran Hebden in arte Four Tet che continua anche in “Broken Politics” (scritto con lo storico partner Cameron McVey). E’ una Neneh Cherry estremamente sicura di sè quella che ritroviamo tra le note di questo quinto disco solista. Pochi artisti possono mettere in apertura un brano come “Fallen Leaves”: downtempo, sobrio, avvolgente, che non colpisce immediatamente ma rivela ascolto dopo ascolto la sua vera identità . Poi parte “Kong”, trip hop sincopato prodotto da Hebden e Robert Del Naja (aka 3D) dei Massive Attack ispirato al periodo trascorso da Neneh Cherry come volontaria nel campo profughi di Calais e l’atmosfera diventa ancora più notturna e spettrale.

“Broken Politics” è stato pubblicato pochi mesi dopo la morte dell’amico, stilista e icona punk Judy Blame e di Ahmadu Jah, padre biologico di Neneh. Assenze pesanti che si rincorrono in “Synchronised Devotion” e “Deep Vein Thrombosis” che introducono l’ascoltatore alla parte centrale dell’album. “Faster Than The Truth” è un rap jazzato in cui la voce della Cherry da il meglio di sè e il contrasto è netto con le sirene, il sassofono, le voci sovrapposte che invadono poco a poco la frenetica “Natural Skin Deep”. Un brusco risveglio che diventa brutale in “Shot Gun Shack” e “Black Monday”, storie di violenza e diritti femminili raccontate con spirito battagliero.

“Slow Release” e “Soldier” confermano che Neneh Cherry ha trovato l’alleato ideale in Four Tet, che di recente alla Brixton Academy di Londra si è esibito solo con due lampade da tavolo come illuminazione lasciando il pubblico a godersi la musica in una semi oscurità  che ben si adatta alla sua elettronica minimale. In altre mani “Broken Politics” avrebbe potuto essere ripetitivo, addirittura noioso ma la coppia Cherry / Hebden mantiene sempre alta l’intensità . Magari non arriveranno in classifica le dolorose slow jams di Neneh Cherry ma sono perfette per prendersi una pausa e cercare di capire un mondo che sembra sempre più confuso.

Photo: Paweł Marynowski / Wikimedia Commons / CC BY-SA