Non capita poi così spesso di avere tra le mani un nuovo disco di Dean Wareham, impegnato com’è in collaborazioni (con Cheval Sombre) e tour celebrativi come quello del 2019 dedicato a “On Fire” dei Galaxie 500. Sette anni sono passati dall’esordio in solitaria, un album omonimo decisamente ispirato che segnava l’inizio della sua quarta o quinta carriera musicale. Gli otto brani e le due cover che compongono “I Have Nothing To Say To The Mayor Of L.A.” vedono il buon Wareham inoltrarsi nel mondo di dandy, medici, artisti e scrittori della Belle Epoque descritto da Julian Barnes in “The Man In The Red Coat” per poi tornare bruscamente ai giorni nostri.

Completano la squadra Jason Quever dei Papercuts alla produzione con Roger Brogan alla batteria e l’immancabile Britta Phillips a basso e tastiere in un gioco di ruoli piuttosto vivace. Una formazione simile a quella che aveva accompagnato Wareham nell’EP “Emancipated Hearts” (2013) a ranghi ridotti e più serrati. Anticipato da due singoli ben arrangiati (“The Past Is Our Plaything”, “Cashing In” ) affrontati con piglio da folk singer ma non straordinari e dalla notevole “As Much As It Was Worth”, “I Have Nothing To Say To The Mayor Of L.A.” rivela presto un’anima molto politica in brani come “The Last Word” dedicata all’attivista Eleanor Marx (deliziosi i backing vocals della Phillips) nell’incisiva “The Corridors Of Power” e nella sognante “Red Hollywood”. Tre pezzi di bravura che risultano tra i migliori dell’intero lavoro.

La penna pungente di Dean dà  il meglio di sè anche nella tenera “Robin & Richard” ed è in buona forma nella riflessiva “Why Are We In Vietnam?” abbandonandosi poi a due cover interpretate in modo sopraffino: un’armoniosa “Under Skys” dei Lazy Smoke spogliata di quasi tutto tranne la melodia e l’iconico ritornello, la splendida “Duchess” di Scott Walker che finalmente trova nuova casa e conserva tutta la sua dolcissima magia. Un Wareham molto dylaniano col solito magistrale tocco alla chitarra, la voce che resiste alle tempeste, gli ottimi testi. Acuto osservatore della realtà  che lo circonda, ormai perfettamente a suo agio nei panni del musicista esperto che si concede il lusso dell’ironia senza perdere l’umanità .

Credit Foto: Luz Gallardo