Contaminazioni di quelle belle, che non hanno paura di sporcarsi le mani e, tutto sommato, nemmeno di spiazzare l’ascoltatore. Sono capaci di fare questo i Pashmak (quartetto milanese giunto al suo secondo lavoro sulla lunga distanza) perchè sono in salute, stanno bene e hanno grande fiducia nei loro mezzi: in questa situazione quello che potrebbe sembrare un azzardo, beh, diventa presto certezza.

Quello che ci colpisce, spesso e volentieri in questo ottimo “Atlantic Thoughts” è l’uso della ritmica, capace di essere irregolare e martellante, di quelle che ti pare di stare in una pista da ballo , con la testa bassa e le luci che ti abbagliano a intermittenza violenta, ma anche soffusa, che lavora in modo morbido o addirittura capace di manifestarsi solo a brano già  iniziato, in un climx che lascia colpiti e con la pelle d’oca. Si perchè i ragazzi mescolano pulsioni di ogni tipo, dall’elettronica a suggestioni più vaporose, che avvolgono più che colpire con l’impatto. Il bello è che poi ci sono due brani in italino di un candore quasi autunnale che però poi non disegnano trame elaborate e affascinanti.

Non stanno fermi i Pashmak, non ci sono punti di arrivo ben definiti e questo permette loro di essere cangianti e sfuggenti, tanto caldi e incalzanti quanto magicamente fermi, sospesi.

Un gran bel lavoro!