Attiviamo il radar e scandagliamo in profondità  un universo musicale sommerso. Ogni settimana vi racconteremo una band o un artista “‘nascosto’ che secondo noi merita il vostro ascolto. Noi mettiamo gli strumenti, voi orecchie e voglia di scoperta, che l’esplorazione abbia inizio (e mai una fine)”…

Alla scoperta di piccoli eroi lo-fi.

Simpatica ed interessante la storia di questi Be Cool Cowboy: circa la nascita del nome, bisogna andare indietro fino al 2004, ed un biglietto di condoglianze per la scomparsa di una persona anziana su cui, vicino ad un disegno fatto a mano, c’era la scritta “Be Cool Cowboy”. Scritta che rimase in mente a Mike Parish, che già  pensava a come riusarla, in momenti più opportuni.

Nel 2006, quindi, la creazione del gruppo con quella frase che era rimasta così impressa, il primo materiale, i primi concerti. A 100 km a nord di New York, a New Paltz, prendevano forma i Be Cool Cowboy. Ma sarebbe rimasta un’esperienza di un paio d’anni, che sembrava essere finita lì.

Nel 2016, invece, Mike riprende il nome del gruppo, per un one-man-project. E dà  alla luce il primo album di 8 tracce, creato con un registratore multitraccia a controllo logico. Saturazioni overdrive dei power chords accompagnano fiammate che riportano alla mente il grunge più squisitamente anni ’90, la grinta del rock industriale, e mostri sacri lo-fi come Pavement, Sebadoh e Guided By Voices. Per pezzi comunque dalle trame melodiche intriganti, eccome. Il resto lo fa il piccolo studio di registrazione domestico che risponde al nome di Tascam 424: “Me and The Machine” si chiama, infatti, il primo album.

Ancora il Tascam e ancora una registrazione a tracce su cassetta: “Wild Lies” ad inizio 2017.

La distorsione si sposta più sui medi e sul fuzz, così la componente melodica viene esaltata e l’album, per quanto abbia la sua identità , diventa più edibile ed alla portata di tutti: compaiono le prime chitarre acustiche, i synth, il vocoder. L’offerta si sfaccetta e si stratifica, il trend sonico si sposta più su binari popedelici, alla mente non potranno che venire gente come Weezer, Fuzztones o The Lemonheads (tra gli altri…), e un alt-rock di facile assimilazione.

Intanto anche il sodale Jay Andersen si avvicina al progetto e il 5 Aprile 2018 viene messo sul piatto “Wonders of Color”, mini album di 5 tracce, dove la drum machine, il synth e la tastiera prendono maggiore spazio, ma sono la chitarra elettrica e la voce di Mike ad essere in primo piano: “Pure Honey” è una canzone che sembra venire da lustri addietro, almeno per quel ritornello profondo e sentimentale.

Con “Just a Trick”, a Settembre dello stesso anno, un nuovo lavoro composto di 10 pezzi, con quel sentore indie rock americano ed anni ’90 che pervade il tutto: 5 versioni “ripulite” e 5 con la registrazione a 4 tracce, per evidenziarne il carattere più autentico ed imperfetto.

Nel canale Youtube della sua 424 Recording, Mike spiega, infatti, varie tecniche e modalità  di utilizzo della Tascam 424, oltre che come creare la propria musica su cassetta: più che un semplice utente, verrebbe quindi da dire.

Cresce la qualità , cresce la sicurezza, e “Not So Alamo” dello scorso anno, è un piccolo gioiello: tiro rock, ritornelli memorabili, agganci, ambientazioni soniche curate. Pezzi come la vorticosa “Animals”, la frizzante “Control Yourself”, la vitale “Nobody Knows” e soprattutto “Happy”, che parte acustica per deflagrare in un distorto rumoroso ed un ritornello anthemico, meritano un plauso, anzi, applausi convinti.

Il prossimo 20 Marzo uscirà  il primo “live” di Be Cool Cowboy, registrato nel suo studio 424, con pure un inedito, “You Can Have It All”.

Di fronte a questi piccoli, come detto, eroi, dalla vera anima DIY e indie, come facciamo quindi a non attendere nuove cose, porgere il meritato encomio e seguirli, da qui in avanti, con piacere?