I Tià±a vengono da South London e hanno attirato l’attenzione di un produttore come Dan Carey e della Speedy Wunderground, una delle etichette più interessanti della scena inglese. Cowboy psichedelici dal look coloratissimo e vivace, surreali e spesso ironici, sono molto diversi da IDLES, Fat White Family, Sleaford Mods e dal buon numero di band che sono emerse oltremanica negli ultimi anni.

Il frontman Joshua Loftin in realtà  si è fatto le ossa nei Bat-Bike, sardonica garage band con molta grinta ma poca fortuna che faceva parte del vasto mondo che girava attorno proprio ai Fat White Family e ha pubblicato diversi album per la Trashmouth. Ritrovarlo oggi in cappello da cowboy rosa shocking (a cui abbina a volte pantaloncini e slip dello stesso colore) fa un certo effetto, inutile negarlo. Il tipo di svolta estetica radicale che segna in modo indelebile la carriera di un artista.

Loftin in realtà  sembra aver trovato la propria dimensione nel pop psichedelico che i Tià±a propongono in “Positive Mental Health Music”, esordio prodotto da Carey e prima vera uscita sulla lunga distanza della Wunderground dopo una serie di singoli di livello molto alto (Teleman, black midi, Squid, Black Country New Road). Undici brani in trentanove minuti, tutti o quasi scritti dopo un grave esaurimento nervoso da cui Loftin sta ancora uscendo.

Un album “sincero ma non troppo serio” come lui stesso l’ha definito, in cui la vulnerabilità  è il vero filo conduttore. Musicalmente compatto ma non estremamente vario nel sound, “Positive Mental Health Music” gira inevitabilmente intorno a Loftin e alla sua voce capace di passare dal falsetto estremo di “Rooster” ai toni ben più sommessi di “Rosalina”, uno dei brani più riusciti insieme all’incoraggiante “I Feel Fine”, alla melodica e tragica “Golden Rope” e a una disperatissima “It’s No Use”.

Gli ululati di “Closest Shave” stile Warren Zevon se a cantare fosse Lawrence periodo Felt / Denim, il sesso negato di “New Boi” e “Dip” mostrano invece l’altro lato di una band che, nonostante Carey, non raggiunge ancora su disco il potenziale che esprime dal vivo ma ha il merito di parlare di salute mentale in una prospettiva finora inedita.

Credit foto: Arnau Coll