L’album che vide esordire come solista Peter Gabriel fu pubblicato un anno e mezzo dopo il suo addio dai Genesis, band che dal 1969 al 1974 aveva pubblicato sei album ed era in continua crescita di popolarità  e successo.
Quando iniziò a circolare la notizia che Peter Gabriel aveva intenzione di lasciare il gruppo, dopo lo spettacolare tour per “The Lamb Lies Down on Broadway” che lo aveva visto principale protagonista, iniziarono a circolare varie voci, spesso false, che cercavano di trovare le motivazioni che lo avevano spinto verso l’abbandono.

Peter Gabriel per mettere a tacere definitivamente ogni congettura decise di pubblicare il 16 agosto del 1975 sul Melody Maker una lettera nel quale spiegava i motivi che lo avevano spinto verso questa decisione, scrisse che le cause non erano state di certo litigi con gli altri componenti della band, o il voler diventare come David Bowie o Brian Ferry o la ricerca di un successo personale.
Spiegò che era semplicemente il momento di sperimentare altro “…Personalmente credo che l’uso di immagini sonore e visive ora vada sviluppato molto più di prima..“, andare verso territori diversi che lo allontanavano dal progetto Genesis e che questa sua decisione era da tempo conosciuta da tutti i componenti del gruppo.

I Genesis non erano Peter Gabriel, era una band dove tutti i componenti avevano spazio nella fase creativa ed era una macchina da guerra alla quale non era concessa un periodo di pace, la sensazione da parte di Peter Gabriel era di far parte di un meccanismo inarrestabile che non lo soddisfaceva più, il tutto era accentuato dal periodo che stava vivendo a causa dei problemi della gravidanza che la moglie stava avendo e dalla scarsa comprensione degli altri componenti della band.

La carriera di Peter Gabriel ha confermato ampiamente la sua voglia di sperimentare e la sua particolare e geniale visione della musica, ma nel suo esordio da solista restava una certo ricordo del suo passato con i Genesis, anche perchè fu concepito quando ancora era in tour con loro.
Era un album molto atteso e venne chiamato alla produzione il famoso Bob Ezrin che aveva prodotto negli anni precedenti Alice Cooper, Lou Reed e i Kiss e lavorerà  anche con i Pink Floyd, e fu affiancato da una band di prim’ordine che vedeva tra gli altri Steve Hunter e Robert Fripp alle chitarre, Tony Levin al basso, Allan Schwartzberg alla batteria, Larry Fast alle tastiere e sintetizzatore.

E’ un album a volte poco ricordato quando si parla di Gabriel ma che ha alcuni brani stupendi da riscoprire, contiene non solo “Solsbury Hill” che è uno dei suoi capolavori, sempre amatissima dai fan e il suo brano più ascoltato su Spotify, ma anche altri pezzi incredibili e maestosi capaci ancora oggi di catturare l’attenzione dell’ascoltatore.

“Solsbury Hill” è contraddistinto dal riff di chitarra di Steve Hunter che fa da base agli altri strumenti che quando si esprimono emozionano, e nel testo lo troviamo, nel raccontare l’esperienza della salita verso la collina di Solsbury, scrivere alcuni chiari riferimenti all’abbandono dei Genesis cantando “..Though my life was in a rut Till I thought of what I’d say And which connection I should cut I was feeling part of the scenery I walked right out of the machinery My heart going boom, boom, boom Hey, he said, grab your things I’ve come to take you home…“.

L’album non è solo questa canzone, “Moribund The Burgermeister” inizia con influenze dal passato ma già  si sente il lavoro del produttore Bob Ezrin che fa esprimere vocalmente Gabriel in maniera eccellente, esaltando e valorizzando le sue qualità , cosi come avviene nella ottima “Humdrum” con Larry Fast alle tastiere, accenni di tango e la London Symphony Orchestra che completa il capolavoro.

“Slowburn” è un altro grande brano con assolo di chitarra luccicante e ritornello fantastico, pezzo ormai dimenticato dallo stesso Peter Gabriel, “Waiting for the Big One” un assolutamente inaspettato blues, “Down the Dolce Vita” che ha un inizio cinematografico grazie alla London Symphony Orchestra per poi incredibilmente svoltare verso un andamento funky e poi cambiare ancora, grandissimo brano.

La chiusura avviene con “Here Comes the Flood” brano epico con pianoforte in evidenza e il fantastico assolo di Robert Fripp, un gioiello senza tempo.

Questo è un album di una bellezza unica che forse può sembrare un pò discontinuo ma che nella seconda parte mette in fila un capolavoro dopo un altro, album da riascoltare e riscoprire del grande Peter Gabriel, uno dei più importanti artisti di sempre.

Data di pubblicazione: 25 Febbraio 1997
Tracce: 9
Durata: 41:43
Etichetta: Charisma
Produttore:   Bob Ezrin

Tracklist:
1. Moribund the Burgermeister
2. Solsbury Hill
3. Modern Love
4. Excuse Me
5. Humdrum
6. Slowburn
7. Waiting for the Big One
8. Down the Dolce Vita
9. Here Comes the Flood