10. THE BIG MOON
Here Is Everything
[Fiction Records]
La nostra recensione

Il terzo album per le britanniche The Big Moon, capitanate dalla talentuosa Juliette Jackson, assume sfumature diverse pur non deragliando da un delizioso apparato pop rock. Il tema della maternità  della leader ricorre nei vari brani e connota di positività  e di good vibrations l’intera opera, come ben esemplificato dalla briosa “Wide Eyes”.

9. DEAD CAT IN A BAG
We’ve Been Through
[Gusstaff Records]

I torinesi Dead Cat In A Bag ad ogni uscita discografica si confermano un gradino sopra la media di tante produzione nostrane, grazie a tutta una serie di componenti che mescolate insieme creano un ibrido originale, dal sound peculiare. “We’ve Been Through” presenta al suo interno una molteplicità  di umori e rimandi, atti a formare un caleidoscopio agrodolce dove per una volta l’ombrosità  non prevale sul resto, lasciando liberi degli spazi ove far entrare dei suggestivi bagliori.

8. BIG JOANIE
Back Home
[Daydream Library/Kill Rock Stars]
La nostra recensione

Le Big Joanie, formatesi a Londra, sono pronte a conquistare le charts internazionali con un album senza apparenti punti deboli, dove la materia rock viene maneggiata con cura e perizia. Stephanie Phillips, Chardine Taylor-Stone ed Estella Adeyer sanno essere intense e viscerali, dolci e raffinate allo stesso tempo, dosando al meglio la loro vigorosa energia senza scordare mai l’elemento melodico.

7. MARLENE KUNTZ
Karma Clima
[Ala Bianca]
La nostra recensione

E’ stato un ritorno in grande stile quello dei Marlene Kuntz, alfieri del miglior rock italiano emerso negli anni ’90 e giunto cristallino sino ai giorni nostri. E’ cambiata magari la forma, ma non certo l’attitudine e la vena poetica, per non dire di un’ispirazione che, tra le pieghe di “Karma Clima” è parsa davvero quella dei giorni migliori. Lunga vita a Cristiano Godano e soci.

6. LEBENSWELT
Unspoken Words
[OuZeL/Under My Bed Recordings]

Il 2022 era iniziato sotto ottimi auspici con la pubblicazione del nuovo lavoro di Giampaolo Loffredo, titolare del progetto Lebenswelt: “Unspoken Words” si muove magnificamente libero tra atmosfere sospese, intime e oniriche, regalando ad ogni sua traccia delle emozioni intense. Fatevi trasportare da queste suggestive canzoni, a iniziare dalla splendida “A short history of decay, Pt.1”, che si insinua dolcemente sotto pelle per non lasciarvi più.

5. DRY CLEANING
Stumpwork
[4AD]
La nostra recensione

Pur essendo un grande sostenitore dei Dry Cleaning della prim’ora, collocando lo scorso anno il loro disco d’esordio addirittura al secondo posto tra i miei preferiti in assoluto, ero un po’ scettico sull’evolversi del loro percorso, pensando che un tratto così caratteristico come il cantato/declamato di Florence Shaw alla lunga potesse diventare limitante. Invece la tavolozza dei colori oltremodo si espande e il versante ipnotico dei pezzi prende largo a scapito delle impennate rumoristiche. “Stumpwork” mette in mostra una band più consapevole e matura, destinata a rimanere a lungo protagonista della scena musicale.

4. C’MON TIGRE
Scenario
[Intersuoni]
La nostra recensione

Il misterioso ensemble marchigiano che si cela sotto la ficcante sigla C’mon Tigre prosegue il suo lavoro di sperimentazione ed esplorazione di un sound e di un immaginario altamente evocativo, dove i confini musicali e non solo paiono sottili e destinati ad essere oltrepassati in nome di una miscela sonora davvero contaminata, comprendente echi di funky, afro, elettronica, soul e jazz. Il loro è un linguaggio multiforme e straordinariamente espressivo, ascoltare un album come “Scenario” non stanca mai e ti permette di scoprire ogni volta qualche nuovo affascinante dettaglio.

3. KING HANNAH
I’m Not Sorry, I Was Just Being Me
[City Slang]
La nostra recensione

Non appena ebbi finito di ascoltare per la prima volta i King Hannah, gruppo di Liverpool facente capo a Hannah Merrick e Craig Whittle, ci misi poco a rendermi conto che il loro biglietto da visita “I’m Not Sorry, I Was Just Being Me” l’avrei annoverato tra i migliori esordi del 2022. E in dirittura d’arrivo di questa stagione musicale le impressioni su questo disco non si sono affievolite, anzi, mi sono ritrovato ad ascoltarlo tantissime volte sempre ritrovandomi pervaso da tanta magia sonora, rapito da quelle atmosfere facilmente riconducibili agli anni novanta ma ottimamente adattate e rielaborate ai tempi odierni. Devo ammetterlo: avevo bisogno di una band con delle simili qualità .

2. PAOLO NUTINI
Last Night in the Bittersweet
[Atlantic]
La nostra recensione

Già  in sede di recensione era facile presagire che il disco del cantautore italo-scozzese Paolo Nutini sarebbe finito molto in alto nella mia graduatoria di fine anno. D’altronde avevo tanti fattori per cui sbilanciarmi: Nutini ha davvero compiuto l’ennesimo salto di qualità , e non era scontato avvenisse dopo un album di valore come il precedente “Caustic Love”. Si è fatto attendere un bel po’ ma vanno bene anche otto anni se poi i risultati parlano di un disco capace di catalizzare l’attenzione dall’inizio alla fine, senza mai cali di tensione, e con picchi qualitativi da riscontrare a più riprese. Ogni canzone brilla di luce propria, e il Nostro si è proprio divertito cimentandosi in tanti generi diversi a creare un universo (pop. rock cangiante e frastagliato, di una bellezza accecante.

1. THE DELINES
The Sea Drift
[Decor Records]

Sul gradino più alto del mio podio va un disco, ahimè, scoperto qualche mese dopo la sua uscita, il che mi ha impedito di recensirlo con tutti i crismi in questa sede ma, tant’è, “The Sea Drift”, terza prova discografica dei Delines, gruppo con sede a Portland, nell’Oregon, da allora non mi ha più abbandonato, donandomi una vastissima gamma di sensazioni e forti emozioni ad ogni ascolto. La voce dolce e passionale di Amy Boone, gli eleganti arrangiamenti a discostarli dalla frettolosa etichetta di gruppo country per abbracciare altri contesti musicali (in odor di soul venato d’autore), e i magnifici fiati di Cory Gray che irrompevano gentilmente imprimendo sterzate capaci di riempire l’aria di autentico pathos e calore, hanno contraddistinto l’intera opera marchiandola a fuoco, lasciando un solco profondo nell’anima.