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Da Leeds arrivano i Last Tourist, un quartetto formato da John Wellby, Adam Simpson, Jason Booth e Nick Noble. Inizialmente concepiti come duo nel non lontano 2017, i nostri sono cresciuti ascoltando e amando la musica di Joy Division, Interpol, Suicide, DIIV e The Jesus and Mary Chain. La loro passione per lo shoegaze emerge in maniera più che palese in questo full length di debutto, un album dominato da melodie malinconiche, dolci riverberi e atmosfere rarefatte.

Le influenze post-punk e dream pop donano ai Last Tourist la sicurezza necessaria per non ripetere gli stilemi altrui. Il gruppo ha un suo linguaggio personale, fatto di chiaroscuri e di ingredienti contrastanti ma ben mischiati tra loro. Il già citato riverbero gioca un ruolo da protagonista nell’opera: gli effetti di chitarre elettriche e synth estendono le capacità espressive dei Last Tourist, artefici di uno shoegaze profondo e dal gusto antico.

I brani sono tendenzialmente quieti, a tratti persino rilassanti, nonostante il profluvio di distorsioni modello My Blood Valentine (“Riding Seas”, “Black Raven”). La band è molto brava e attenta nel dar forma a melodie affascinanti e mai banali. Perché, in fin dei conti, John Wellby e compagni sono pop, ma lo sono a modo loro: zero ritornelli “appiccicosi” e tanta qualità. Straconsigliato agli estimatori degli Slowdive, dai quali i Last Tourist hanno preso più di qualche spunto (in passato hanno anche collaborato col batterista Simon Scott).

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