Hugo Race non ha certo bisogno di presentazioni: la carriera del sessantenne di Melbourne, ex componente dei Bad Seeds di Nick Cave, è davvero infinita e la classe non gli è mai mancata.

L’australiano ha pubblicato ad aprile 2022 il suo nuovo album con la sua band italiana, i Fatalists, composta da Diego Sapignoli (batteria, percussioni), Francesco Giampaoli (basso) e Giovanni Ferrario (chitarra, piano, synth): “Once Upon A Time In Italy” è stato preparato tra il 2020 e il 2022 in piena pandemia ed è nato dallo scambio di idee tra i vari membri.

Oggi possiamo godere della loro esibizione in piazzale San Lorenzo nel centro di Parma per il Dal Mississippi Al Po Festival: l’atmosfera è molto tranquilla, ci sono un po’ di sedie davanti al palco, i locali vicini sono molto pieni, la stagione sta torndando a essere mite e la gente ha voglia di uscire e si interessa a queste belle iniziative.

Sono quasi le nove e tre quarti, quando Hugo e i suoi compagni di viaggio salgono sul palco del festival emiliano, che inaugura la sua edizione 2023 oggi qui a Parma: ad aprire la serata è proprio “Once Upon A Time In Italy”, title-track del suo lavoro più recente. La voce profonda dell’australiano incomincia a incantare fin da subito il pubblico parmigiano, creando sensazioni desert blues dalla incredibile intimità: una vera meraviglia.

La successiva “Beat My Drum”, invece, pur prendendo sempre origini dal blues, è molto più energica e intensa, in particolari nelle sapienti percussioni di Diego Sapignoli, mentre non manca la melodia, piacevole, ma sempre raffinata ed educata.

Il lato più morbido del musicista di Melbourne arriva con “Hooked”, altro estratto dall’ultimo LP: una romantica ballata disegnata con tastiere e chitarra, che mostra il suo volto più dolce e sa arrivare dritta al cuore dei fan ducali.

Un blues desertico decisamente più sporco e acido, invece, quello di “Mining The Moon”, in cui i vocals di Hugo sono comunque molto passionali, mentre nella ipnotica “Mafia”, sebbene la voce di Race sia molto calma e il ritmo rimanga basso, nel finale trovano spazio anche percussioni dal sapore tribale e una maggiore energia.

“No God In The Sky”, sebbene abbia un drumming deciso a supportarla, è il brano più folky della serata con i suoi toni gentili, il suo animo riflessivo e le sue chitarre leggere che riescono a farci emozionare.

“Get High” poi chiude il mainset con un viaggio psichedelico e lunghe jam di grande forza ed eleganza.

C’è poi tempo per un encore di ben tre pezzi che si chiude con “Ballad Of Easy Rider”, cover dei Byrds, regalando al pubblico emiliano un altro momento romantico, dolce, elegante e mordibo.

Lunghi applausi arrivano alla fine del live per Hugo e i suoi compagni di avventura che hanno dimostrato ancora una volta quali livelli qualitativi siano capaci di raggiungere: una partenza molto positiva per il Dal Mississippi Al Po Festival.