Credit: Ingrid Pop

Era molto atteso inutile nasconderlo “everything is alive” nuovo disco degli Slowdive, il secondo di una reunion iniziata più di sei anni fa e che ancora oggi ha dell’incredibile. Piuttosto positivi i primi giudizi sui nuovi brani (per noi 6,5 in pagella) ma è difficile scordare il passato recente e remoto, quindi perché non provare a creare una Top 10 in onore di Rachel Goswell, Neil Halstead, Nick Chaplin, Christian Savill e Simon Scott?

BONUS TRACK: Beach Song
1992, da “Sunday Records Flexi No.4″

La carriera degli Slowdive è costellata di demo, inediti, brani incredibili purtroppo mai pubblicati ufficialmente e recuperabili solo sul web o in bootleg leggendari come “I Saw The Sun” del 1996. Rarità delle rarità è sicuramente “Beach Song” apparsa come lato A di un singolo pubblicato per la Sunday Records nel 1992.

10. – Don’t Know Why
2017, da “Slowdive”

L’album del ritorno che sembrava impossibile e invece è ormai cosa fatta. Ne è passata di musica da quel maggio 2017. Brani come “Don’t Know Why” hanno fatto rapidamente capire che dinamismo e magia sonora erano ancora nelle corde degli Slowdive in un brano diventato un piccolo nuovo classico.

9. – Visions Of LA
1995, da “Pygmalion”

Amato, odiato, controverso “Pygmalion” ultimo album prima dello scioglimento. Il disco in cui gli Slowdive si allontanano da quel sound rarefatto che li aveva caratterizzati spostandosi verso suoni più elettronici. “Visions Of LA” è una delle poche eccezioni, una dolorosa breve ballata scritta da Rachel Goswell e Neil Halstead.

8. – Miranda
1995, da “Pygmalion”

L’altro brano a firma Halstead / Goswell del disco, l’ipnotica e sperimentale “Miranda”. Quattro minuti e quarantasette di passione trattenuta e fulgida malinconia, tra manipolazioni sonore e la voce di Rachel sobria e sognante con un sottofondo più dark che rende imprevedibile ogni secondo.

7. – Sing
1993, da “Souvlaki”

Una delle poche testimonianze rimaste della brevissima collaborazione tra gli Slowdive e Brian Eno che avrebbe dovuto produrre tutto il secondo album “Souvlaki” ma ha poi declinato l’invito. L’impatto è comunque evidente in alcune parti della coraggiosa “Sing” che dimostrano come già nel 1993 Halstead fosse rimasto affascinato dal mondo dell’elettronica.

6. – Avalyn I
1990, da “Slowdive EP”

Da uno “Slowdive” all’altro, dal penultimo album all’EP omonimo del 1990. “Avalyn I” era la prima parte di una sontuosa cavalcata che faceva delle chitarre riverberate, delle atmosfere dilatate e sognanti un’ammaliante marchio di fabbrica.

5. – Avalyn II
1990, da “Slowdive EP”

Impossibile separarle, ecco dunque “Avalyn II” testimonianza storica altrettanto preziosa della nascita di quel fenomeno musicale chiamato shoegaze, una scena che in realtà non ha mai celebrato se stessa preferendo concentrarsi sui suoni, sulle melodie.

4. – Golden Hair
2019, da “Sonic Cathedral Singles Club”

L’intensa cover di “Golden Hair” di Syd Barrett ha aperto molte porte agli Slowdive diventando uno dei loro brani simbolo. Disponibile in numerose versioni, tra le tante spicca ovviamente quella di ben nove minuti uscita per la Sonic Cathedral nel 2019 che ben rappresenta la quiete esplosiva che la band sa creare sul palco.

3. – Alison
1993, da “Souvlaki”

Altro grande classico, “Alison” è forse uno dei brani più rappresentativi di “Souvlaki” e degli Slowdive in generale. Quelle chitarre che hanno contribuito fortemente a definire i canoni dello shoegaze e del dream pop, le melodie ben orchestrate, un mix che molti negli anni hanno cercato di replicare.

2. – Spanish Air
1991, da “Just For A Day”

“Just For A Day” era e resta un primo album incredibilmente maturo nei suoni, suonato con estrema precisione  e composto con altrettanta maestria. Ascoltare il delicato crescendo di “Spanish Air” è ancora oggi un’esperienza di grande intensità e poesia.

1. – Catch The Breeze
1991, da “Just For A Day”

L’incrocio perfetto tra le voci di Neil Halstead e Rachel Goswell e unione altrettanto riuscita di dream – pop e shoegaze prima ancora che venissero così chiamati. “Catch The Breeze” merita il posto d’onore con il suo finale dolce e potente, sognante e ipnotico.