Credit: Fabio Campetti

Ultima serata del festival itinerante Barezzi, ormai caposaldo e punto di riferimento degli appuntamenti dell’autunno musicale italiano e dopo l’edizione dello scorso anno, da un certo punto di vita, più in sordina con i soli Kula Shaker tra gli artisti internazionali in line up, l’odierna kermesse verrà probabilmente ricordata come la più importante o la più ricca della sua storia.

Ai Lambchop il compito, appunto, di chiudere, con il loro concerto, tra l’altro, merce rara sul suolo italico, questa rassegna.

Siamo nella splendida cornice del teatro di Busseto, città di Giuseppe Verdi, location ideale per le atmosfere della band di Kurt Wagner.

Lambchop relativamente freschi di nuova pubblicazione, “The Bible” è uscito lo scorso anno, che chiude, idealmente, una quaterna di pubblicazioni a cadenza annuale, iniziata nel 2019 con “This (Is What I Wanted To Tell You)” lavoro assolutamente spartiacque di un’intera discografia, ma anche “Trip” farcito di sole cover o lo stesso “Showtunes“. Come detto sopra, ensemble che capita raramente dalle nostre parti, l’ultimo tour, se non ricordo male, risale al 2017, quindi occasione, comunque più unica che rara, di poterli ascoltare nella dimensione live e credo proprio nella location giusta.

Il sound introspettivo e introverso di quelli che possono tranquillamente essere considerati dei maestri del genere, va anche contestualizzato nel luogo più consono e questa cornice non fa che enfatizzare al meglio il loro sound.

Non sono più il collettivo allargato di un tempo, è il solo Wagner, titolare del progetto, a tirare le redini, quasi fosse una missione solista, portando il nuovissimo lavoro verso territori più jazzy, quasi a volersi allontanare alle fondamenta alt country di sempre.

Per questo tour oltre oceano ha pensato bene di allestire un set a due, quindi per un racconto ancora più intimo tra parole e pianoforte con il sodale Andrew Broder, e in un silenziosissimo teatro, la voce di Kurt e le note calde di un piano a coda per un viaggio senza pause di un’ora e un quarto, tra la poesia e le province d’America.

Kurt folleggia destreggiandosi tra pose da direttore d’orchestra, quando la sua orchestra è un solo compagno di viaggio, pronto e grato di essere diretto.

Emozioni in punta di piedi tra canzoni bellissime, quelle di “The Bible”, ma anche appunti dal recente e glorioso passato, per uno dei più bravi cantautori della sua generazione.