Venire a patti con l’”oscurità”, trovare un compromesso con i propri demoni interiori, andare avanti, nonostante tutto. Sono un pò questi i temi portanti del nuovo album degli svedesi, Spunsugar. “A Hole Forever” è un disco in cui vengono mescolate sapientemente sonorità post-punk, un pizzico di elettronica ed un certo tipo di shoegaze, donando forma (e sostanza) ad un lavoro che scorre via come pioggia invernale.

Credit: Press

Sanno decisamente il fatto loro, gli Spunsugar. E si sente. Del resto, stiamo parlando di tre musicisti veri, di tre ragazzi cresciuti per le strade di Malmö con una passione smisurata per le sette note. Cordelia Moreau, Elin Ramstedt, Felix Sjöström – questi i loro nomi – hanno dato vita, tra l’altro, ad un immaginario pieno di rimandi ad alcune gloriose formazioni del passato.

Nei dieci brani che compongono la tracklist del successore di “Drive-Through Chapel”, infatti, non sono pochi i richiami a band quali Cocteau Twins, Electric Youth, Misfits. E scusate se è poco. Entrando ancor più nello specifico, è difficile non crogiolarsi in una sorta di religiosa ammirazione ascoltando le note della bellissima “San Jose”, dove le (splendide) voci dei nostri si intrecciano come strade di una piccola cittadina del Nevada.

Chitarre taglienti e batteria martellante, invece, sono gli ingredienti che rendono “Skin Unwell” uno degli episodi più riusciti di “A Hole Forever”. Ogni canzone presente nell’album rappresenta una sorta di filosofico riferimento a dei temi piuttosto “spirituali”, come quello dell’invecchiamento e della vergogna. “White Sneakers”, altro “highlight” del disco, è pura adrenalina-new-wave, in cui l’inconfondibile timbro di Felix Sjöström riveste il brano di un abito epico e indiscutibilmente scintillante.

Paragone azzardato o meno, nell’atmosfera sognante di “It Never Gave Me Anything” ci sembra quasi di ascoltare i Beach House del periodo “Bloom”. Molto probabilmente, uno dei (pochi) difetti di questo “A Hole Forever” è la mancanza di originalità in alcuni dei suoi passaggi sonori più significativi. Va anche sottolineato, ad onor del vero, che non è così semplice – al giorno d’oggi – muoversi su territori musicali già ampiamente battuti da altri gruppi del recente passato. Ciò nonostante, quella offerta dalla band svedese rappresenta, comunque, una delle proposte più incisive degli ultimi tempi.

Cosa ci racconterà il futuro riguardo al terzetto con sede a Malmö, non ci è dato saperlo. Quel che è certo, però, è che gli Spunsugar hanno realizzato un album decisamente gustoso, ipnotico. E se non si tratta di una vera e propria manna dal cielo – soprattutto nel grigiore ancestrale di questi tempi – ci va davvero molto vicino.