L’uragano “Dirt” non si era ancora dissipato e stava portando in giro la band sui palchi d’America fino a giungere alla terza edizione del Lollapalooza nel giugno del 1993, creatura di Perry Farrell, insieme ai Rage Against The Machine, Primus, Babes In Toyland, Dinosaur Jr., per citarne alcuni. Proprio dopo la fine del festival nordamericano e dopo un periodo di vacanza, i ragazzi di Seattle nel settembre dello stesso anno entrarono nel Bad Animals Studio per realizzare, insieme alla collaborazione di Toby Wright, uno dei migliori EP della storia che vide la luce il 25 gennaio di trent’anni fa.

Dalle prime demo di “Don’t Follow” – finalizzata con una strepitosa armonica di David Atkinson, amico di Chris Cornell –  iniziò il percorso di “Jar Of Flies”, un mini disco che racconta attraverso i suoi testi e la sua incredibile musica un viaggio accorato e tormentato, soprattutto di Layne Staley oramai sempre più avvolto dalla rassegnazione di non poter più risorgere dalla dipendenza da alcool ed eroina: “Mi sento così perso e non so come…/Ho dimenticato la mia donna, ho perso i miei amici…/Portami a casa, a casa…/ Di’ addio, non seguirmi”, scrive e canta Lyane nella sua richiesta d’aiuto, l’ennesima, densa di malinconica arrendevolezza.

L’angoscia e l’oppressiva atmosfera nella quale è stato scritto e concepito “Jar Of Flies” – in una sola settimana – corre lungo l’intero EP; è tangibile sin dalla traccia scelta come apripista, un incipit psichedelico, ipnotico che scorre nelle note di “Rotten Apple” e che mette in evidenza una mastodontica prova di Jerry Cantrell, accompagnata del basso tagliente di Mike Inez (che ha preso il posto del povero Mike Starr) sulle parole affrante di Layne: “Ciò che vedo è irreale/Ho scritto la mia parte/Mangia la mela, così giovane/Sto tornando indietro per iniziare”.

Per la successiva “Nutshell” non ci sono sufficienti ed esaustive parole per raccontare il significato di questo manifesto degli AIC; un brano struggente, carico di sofferenza, accompagnato da un giro di chitarra acustica epocale mentre Layne condivide tutta la sua inquietudine in una confessione mai tanto esplicita: “Eppure combatto, eppure combatto/Questa battaglia da solo/Nessuno con cui piangere/Nessun posto da chiamare casa…/Se non posso essere me stesso/Mi sentirei meglio morto”.

Anticipato l’anno precedente da “Sap”, EP dalle atmosfere cupe ed essenziali, “Jar Of Flies” debuttò al primo posto delle classifiche, cosa mai successa per un EP. Il titolo del disco, letteralmente “Barattolo di Mosche”, si deve all’esperimento che Cantrell fece mentre frequentava la terza elementare e consisteva nell’alimentare alcune mosche contenute in due barattoli. Mentre nel primo le mosche venivano nutrite sufficientemente nel secondo venivano invece denutrite. Con la conseguenza che nel primo barattolo le mosche, inizialmente, si riproducevano velocemente per poi morire, nel secondo barattolo le mosche, seppur malnutrite, riuscivano a vivere più a lungo.

Rispetto al citato “Sap” del 1992, il nuovo EP si differenzia per la maggiore cura dei dettagli, degli arrangiamenti che approdano in meravigliose derive elettro acustiche nelle quali trovano spazio finanche sontuosi archi curati da April Acevev (che nel 1997 sposò Matt Cameron) in “I Stay Away”, una canzone dove la voce di Layne diventa inarrivabile per quanto perfetta e sofferta allo stesso tempo, soprattutto in occasione del crudo ritornello sul wah di Cantrell, prima del suo urlo: “Ne sto alla larga”.

La successiva “No Excuses”, su note acustiche, riesce quasi a mettere gioia per via del brioso sound mentre il testo è un inno all’amicizia, quella vera e profonda, ma anche turbolenta tra Jerry e Layne che cantano sovrapponendo le loro voci avvolgendole nell’intimità della loro fratellanza: “Cammineremo lungo la linea/ Lascia la nostra pioggia, un raffreddore/ Scambia per il caldo sole /Amico mio”.

I due minuti e mezzo di una bellissima “Whale and Wasp”, brano strumentale scritto da Cantrell che alterna momenti oscuri con altri ricchi di speranza, apre al jazz/blues opprimente dell’eccentrica “Swing on This”, dove nel ritornello si ritrovano note di “Dirt” memoria, che chiude un altro capolavoro degli Alice In Chains. E nulla sarà più come prima.

Pubblicazione: 25 Gennaio 1994
Durata: 30:49
Dischi: 1
Tracce: 7
Genere: grunge
Etichetta: Columbia Records
Produttori: Alice in Chains

Tracklist:
1. Rotten Apple
2. Nutshell
3. I Stay Away
4. No Excuses
5. Whale & Wasp
6. Don’t Follow
7. Swing on This